SULLO STADIO SVENTOLA LA BANDIERA RUSSA
Alcuni personaggi che occupano da anni una parte dello stadio di Lucca avevano in corpo, dal febbraio 2022, la voglia di esternare la loro simpatia per il dittatore russo Vladimir Putin. Finalmente, in occasione della partita Lucchese – Cesena, hanno trovato la scusa buona per entrare in azione. L’attentato islamista avvenuto a Mosca ha infatti dato loro la possibilità di esporre un bello striscione di solidarietà per il popolo russo, che ha subito la morte di più di 100 innocenti disarmati per mano di alcuni estremisti. Assieme allo striscione che diceva un apparentemente politicamente corretto “no al terrorismo“ è naturalmente comparsa una bandiera della Federazione Russa. Chiunque, in democrazia, può esternare qualsiasi pensiero, ma una manifestazione sportiva, dove sono presenti persone con diverse sensibilità, non è il posto adatto per esporre bandiere di stati stranieri, tanto più se questi stati sono coinvolti in guerre di aggressione verso altri stati. Vale qui la pena ricordare agli attivissimi servi di Putin che la bandiera russa è quella di un esercito che negli anni ha attaccato la Georgia, raso al suolo la città cecena di Grozny, bombardato a tappeto la Siria collaborando con il dittatore Assad che ha gassato il suo stesso popolo. Vale qui la pena ricordare agli attivissimi putiniani di Lucca che l’esercito che porta la bandiera che loro incoscientemente sventolavano ieri ha provocato, dal 2022 ad oggi, in Ucraina, più di 10.000 (diecimila) morti civili, ovvero tra persone inermi compresi minorenni, vecchi, donne, ecc. Non mi pare che allo stadio di Lucca si sia pianto per i morti ebrei (e non solo ebrei in verità) del 7 ottobre. Certo un gruppo di fascisti difficilmente sventolerebbe bandiere israeliane. Non mi pare che si sia pianto per i successivi morti arabi a Gaza. Non mi pare in genere si pianga per i morti di terrorismo in giro per il mondo. Quindi, per il rispetto di tutti, sarebbe meglio non piangere per nessuno e non sventolare bandiere. Ma si piange per la cara Russia. O meglio, della Russia ai fascisti dello stadio di Lucca non frega nulla. A loro frega del loro diabolico idolo. Sono solidali per il signor Putin e poco importa che egli, pur coltivando rapporti con i fascisti di mezzo mondo, si rifaccia in fondo molto di più a Stalin che a Hitler o a Mussolini. In queste ore Putin sta cercando nell‘attentato la giustificazione per terminare l’assassinio dell’Ucraina e dei suoi cittadini. Nonostante la Russia fosse avvertita che ci sarebbero stati atti terroristici, il teatro di Mosca non era vigilato da nessun poliziotto. Poi, dopo aver lasciato avvenire il massacro, si è cercato di inventare che i terroristi stessero scappando verso l’Ucraina, mentre stavano scappando verso la Bielorussia. Infine il delirante tiranno, idolo di tanti lucchesi, ha affermato che gli ucraini avrebbero facilitato il passaggio degli islamisti attraverso il confine con la Russia, confine su cui Putin ha centinaia di migliaia di suoi soldati i quali, evidentemente, in questo caso stavano dormicchiando mentre un mezzo pieno di terroristi armati fino ai denti stava andando verso Mosca. Tutto il teatrino russo sembra proprio figlio della scuola di Stalin e del KGB e ricorda un evento come l’attentato contro Kirov cui seguì un’epica purga staliniana. Comunque i baldi filoputiniani dello stadio di Lucca, domenica pomeriggio, mi hanno fatto vergognare di essere lucchese e sotto, sotto, quando il Cesena ha segnato ho provato una punta di soddisfazione. Questo, da tifoso della lucchese non è stato piacevole, ma è stato inevitabile. I baldi putiniani a fine gara cantavano ai loro giocatori: “meritiamo di più“. Eh cari ragazzi, se meritate di più andate a vedere lo Zenit o lo Spartak. Magari lì saranno ogni settimana grandi vittorie e poi potrete prendere la cittadinanza russa. Se i poveri ucraini dovessero riuscire a continuare a resistere, forse tra un annetto vi arriverebbe anche una bella convocazione premio per il fronte. In tal modo potreste sventolare a proposito la bandiera panslava.
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