A proposito dell’ acqua di Lucca


1). Il parere di Tronca. Per mesi maggioranza e opposizione si sono scontrati sulla vicenda dell’incarico affidato a Tronca; il quale, infine, amareggiato anche dalle polemiche relative ai suoi compensi, giudicati da alcuni eccessivi, si è ritirato, e se n’ è andato sdegnato, attratto da offerte migliori; va ascritto certamente a suo merito che Tronca, pur lavorando in questo clima difficile, è riuscito a lasciare quantomeno all’Amministrazione un parere relativo alla questione più importante che gli era stata sottoposta, relativamente, cioè, alla possibilità di prorogare la concessione a GEAL spa; Tronca sostiene di aver redatto il parere sulla base della normativa esistente; partendo da questa premessa, egli fornisce risposta al quesito a lui posto dall’Amministrazione, negando con sicurezza che si possa anche soltanto ipotizzare ““una possibile proroga dell’affidamento del servizio idrico a Geal nel territorio del Comune di Lucca, quale società a capitale misto pubblico privato”. Un tale responso viene poi accompagnato, dal dr.Tronca, dall’ ovvio suggerimento, dato all’Amministrazione, di agire pertanto su di una tale questione, “nel rispetto del principio costituzionale di leale collaborazione” con gli altri enti interessati, ricercando, dunque, una soluzione condivisa tra tutti i soggetti a vario titolo coinvolti ( ossia, a suo avviso, Geal, AATO Toscana Nord, società Gaia, Lucca Holding spa e il socio privato Acea): una soluzione, suggerisce, naturalmente, il dr-Tronca, che sia improntata “all’efficienza e alla valorizzazione dei processi decisionali”, che miri, dunque, al nobile tentativo di porre il cittadino “al centro delle strategie anche industriali di gestione dei servizi e delle politiche di aggregazione” ( p. 1); .

Il parere del dr.Tronca è, come ora si legge, del tutto fermo e stringato; egli non si occupa di nessun problema, neppure delle conseguenze più gravi, che esso potrebbe creare all’Amministrazione, se essa ne seguisse le indicazioni.. Ne accenno ad una, che è forse la più evidente e concreta. Geal spa, infatti, come ben sa il prof. Tronca, che pur ne fa una breve menzione ( citando la “Convenzione” tra Comune e Geal spa, sottoscritta in applicazione del protocollo di Intesa con l’Autorità d’Ambito competente) è titolare, da quasi trenta anni di due derivazioni di acqua per usi idropotabili, di una certa consistenza, utilizzate dalle due città di Pisa e Livorno; sarebbe stato utile, quantomeno, che il prof. Tronca, chiarisse all’Amministrazione, attraverso il suo parere, cosa accadrebbe di esse, se e quando Geal avesse aderito a Gaia, come egli sembra suggerire; e più in generale, a chi spetterebbe, in ogni caso, la disponibilità dell’acqua, tramite derivazioni, del fiume Serchio.

Sono tutti problemi che l’ordinamento conosce e disciplina; ma ai quali sarebbe stato corretto almeno accennare, nel parere, ricordando, per esempio, che già la legge 36/1994, la c.d. legge “Galli”, aveva affermato che tutte le acque, superficiali e sotterranee, erano “ pubbliche”, posizione che aveva poi avuto il conforto popolare del referendum del 2011; ma che in seguito il Codice dell’ambiente, all’art.144, aveva specificato che tali acque pubbliche, appartenevano in realtà, al demanio dello Stato”; e, di conseguenza, aveva aggiunto ancora, all’art. 153, che “Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’art.143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare”; ed aveva poi ulteriormente chiarito, all’art. 154, che “la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato” ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio ‘chi inquina paga’”.

Stando così le cose, il dr. Tronca avrebbe potuto quantomeno chiarire all’Amministrazione comunale, che i due contratti di fornitura di acqua a fini idropotabili, stipulati con Pisa e Livorno, erano stati negoziati in maniera legittima, che essi, poi, rimanevano validi finche il Comune conservava la proprietà delle strutture idriche che ne assicuravano la fornitura, ma che tutto non sarebbe rimasto, verosimilmente, come prima non appena le strutture idriche fossero state trasferite ad un diverso gestore del servizio idrico, come per esempio Gaia ( altrettanto dovrebbe valere per la derivazione del “tubone” di Ponte a Moriano, sul quale però non mi pronuncio, in mancanza del possesso, da parte mia, di ogni precisa informazione al riguardo).,

2).Ma le carenze del parere del prof. Tronca sono ben più gravi e riguardano il limite legale di trenta anni che egli assegna alla concessione di servizi idrici affidata a Geal spa; egli, in verità, non riferisce da dove un tale termine provenga, né da quale fonte o prescrizione esso emani: si limita a riportare il termine legale, per la Geal, di “30 anni di affidamento”, attribuendolo genericamente ad un assetto normativo, mai invero indicato, che non vuol “far gravare sul cittadino eccessivi costi di gestione” ( p.5)

Se il dr.Tronca avesse esaminato un tale problema centrale, con maggiore attenzione, avrebbe dovuto richiamare innanzitutto la complessa disciplina sulle concessioni dei servizi idrici, che aveva avuto valore fino all’entrata in vigore della normativa contenuta nel Decreto legislativo 3/04/2006, n.152 e successive integrazioni ( il c.d. “Codice dell’Ambiente, come lo indicheremo più semplicemente): una disciplina, quella più antica, che ci può dare preziose informazioni anche per il nostro caso.

Essa era contenuta in un vecchio Regio Decreto, emanato con il numero 1775, l’11 dicembre 1933, che, all’art. 21, disciplinava la materia delle concessioni nel settore idrico nel modo seguente: “Le connessioni di grandi derivazioni ad uso di forza motrice si fanno per una durata non maggiore di anni sessanta, quelle di grandi derivazioni ad uso potabile, d’irrigazione o bonifica, non possono eccedere la durata di anni settanta, le concessioni di piccole derivazioni non possono eccedere la durata di anni trenta”. Come risulta evidente dalla formulazione riportata, l’ordinamento giuridico, fino all’entrata in vigore della nuova disciplina del Cosice dell’Ambiente, assegnava alle concessioni, relative alle risorse idriche, durate legali maggiori di quelle, come vedremo più ridotte, che saranno poi concesse.

Mi preme sottolineare, fin da ora, che, prima della entrata in vigore delle varie disposizioni del Codice dell’Ambiente, la durata legale massima delle concessioni idriche era differenziata in ragione e della diversa funzione idrica assicurata ( nel caso citato tra gli usi elettrici e gli usi potabili e di irrigazione) e della reale quantità derivata. Ci interesserebbe sapere, naturalmente, se questa differenzazione è stata conservata dalla nuova disciplina del Codice dell’Ambiente; la quale, però, avrebbe per noi un senso, se una tale differenzazione della disciplina potesse trovare un ancoraggio con le funzioni effettivamente attribuite alla società Geal spa dal Consiglio comunale.

E ciò effettivamente avviene, dal momento che le funzioni assegnata alla Geal spa, dal Consiglio comunale di Lucca, limitatamente ai servizi idrici ( che noi conosciamo tramite la “Convenzione per la gestione del servizio idrico tra Comune di Lucca e Geal spa), sono le più diverse, e sono contenute nello Statuto registrato dal Notaio Lazzareschi, il 29/03/ 1993 ( Rep.219915), finalizzate tutte alla “ gestione, nel bacino del Serchio e zone contermini del servizio di raccolta, depurazione e distribuzione delle acque per usi plurimi, idropotabili, civili, industriale, agricoli ed energetici, escluse le acque pluviali”; tutte queste funzioni della società, diverse da quelle per usi idropotabili, specificamente indicate a p.2, lett.a) ( che vanno dalla captazione, distribuzione e vendita, di acqua ad uso industriale, agricolo, o igienico-sanitario, ecc. ecc.) sono dette nella Convenzione ( sempre a p. 2) “altre attività idriche”; nella Convenzione viene anche ricordato che esse, a partire da quelle dedicate ad uso “agricolo” e non sono “rientranti nel servizio idrico integrato”.

Lo Statuto, dunque, ancora integralmente vigente, assegnava alla società Geal spa altre funzioni idriche, non solo quelle ad uso potabile, che risultavano, al tempo, sicuramente prevalenti. Bisogna verificare se questo fatto possa costituire un elemento che ci permetta di rispondere in modo del tutto diverso da quanto detto dal dr. Tronca con il suo parere sulla possibilità di tenere in vita la società Geal spa anche oltre la data fatidica del 31/12/2025. A noi sembra che possa essere data al riguardo una risposta positiva, perché la nuova disciplina introdotta dal Codice dell’Ambiente sui limiti legali delle concessioni idriche, è formulata in una modo che, a nostro avviso, lo permette.

Infatti, il Codice dell’ambiente,.al comma 8 dell’art.96, ha modificato la disciplina precedente,, come appare subito evidente dalla stessa titolazione dell’articolo, che suona: “Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775” e lo ha fatto per porre limiti legali, più ridotti di quelle precedenti, alle concessioni nel settore idrico, di cui pure si riaffermava la “temporaneità”, ma anche per differenziare ulteriormente il limite legale della durata delle concessioni in maniera nuova e diversa.

Per sapere se un tale precedente, di cui il Codice dell’Ambiente non poteva non tener conto, potesse avere una qualche rilevanza nel caso della società Geal spa, ci sembra opportuno far ricorso all’esame del suo Statuto e alle funzioni idriche per le quali essa era stata costituita. Per conoscere le funzioni assegnata alla Geal spa, dal Consiglio comunale di Lucca, bisogna allora ricorrere ad altri documenti ( nel mio caso alla “Convenzione per la gestione del servizio idrico tra Comune di Lucca e Geal spa), che attestano che la società, dopo l’approvazione da parte del Consiglio comunale, ha avuto uno statuto registrato dal Notaio Lazzareschi, il 29/03/ 1993 ( Rep.219915) “per la gestione, nel bacino del Serchio e zone contermini del servizio di raccolta, depurazione e distribuzione delle acque per usi plurimi, idropotabili, civili, industriale, agricoli ed energetici, escluse le acque pluviali”; tutte queste funzioni della società, diverse da quelle per usi idropotabili, è detto a p. 2 della Convenzione, per esempio quelle dedicate ad uso “agricolo”, “non sono rientrati nel servizio idrico integrato”.

Ora, il Codice dell’ambiente,.al comma 8 dell’art.96, ha modificato la precedente disciplina, come appare evidente dalla stessa titolazione dell’articolo, che suona: “Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775” e lo ha fatto per porre limiti legali, più ridotti di quelle precedenti, alle concessioni nel settore idrico, di cui pure si riaffermava la “temporaneità” della concessione assegnata alla società al momento della sua costituzione. Il Codice dell’ Ambiente, con una integrazione che ci è stata conservata nel comma 8 dell’art.96, modificava la precedente disciplina, sostituendola con una regolamentazione più contenuta che suona così: ”Il primo comma dell’art.21 del regio decreto 11 dicembre 1933,n.1775, è sostituito dal seguente: Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni, ovvero quaranta per uso irriguo e per le piscicoltura, ad eccezioni di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all’articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 marzo 1999, n.79”.

Ora, il testo della modifica apportata, verosimilmente di getto, al Regio Decreto, contiene senz’altro delle imperfezioni formali; dal confronto con il contenuto del Regio Decreto si deduce, infatti, che il Codice, quando limitava le concessioni a trenta anni, si riferiva sicuramente a quelle ad esclusivo “uso potabile”. termine che, nella stesura definitiva, è stato pretermesso. Per noi, però, è sufficiente rilevare che il Codice dell’ambiente, nella formulazione vigente che ne dà l’art.96, e che possiamo adeguatamente utilizzare, esprime disposizioni che a noi sembrano molto utili, perché permettono di rilasciare a Geal spa una concessione per servizi idrici, che continui a mantenere i servizi idropotabili, con la sua propria regolamentazione, ma che aggiunga a questi , fino alla durata massima di quaranta anni, anche i servizi per “uso irriguo”, termine equivalente all’uso agricolo”, attribuito alla società dal Consiglio e che di fatto la società già esercita seppure in tono minore. Invero la durata di quaranta anni della concessione idrica alla Geal spa, le poteva esserle già attribuita nel 1985, dal Consiglio comunale, il quale, invece, ha limitato la concessione ai servizi idrici per uso potabile, che avevano una durata massima legale minore.

Ci dobbiamo chiedere se il Consiglio comunale possa fare oggi quello che non ha fatto nel lontano 1985 e soprattutto se sia possibile e lecito farlo? Le carte in nostro possesso ci permettano di dare una risposta positiva anche a questo secondo quesito, dal momento che, in un Atto importante, già citato, come la “Convenzione per la gestione del servizio idrico”,firmata ( cosa importante) anche in applicazione del Protocollo di Intesa sottoscritto dal Comune di Lucca e da Geal spa con l’Autorità d’Ambito Territoriale n. 1 Toscana Nord , si prevedeva, all’art. 22, comma 1, proprio che il termine legale della concessione potesse essere “prorogato”.

3). Importanti decisioni del Consiglio. A mio avviso, dunque, se il Consiglio comunale, soltanto lo volesse, potrebbe prorogare di altri dieci anni la concessione idrica, fondando la decisone del Consiglio su di una scelta politica, propria del nostro tempo, di voler impegnare la società, con più forza che nel passato , ai problemi dell’agricoltura del bacino idrografico, con particolare riferimento agli “usi irrigui”.

Nessun’altra condizione sembra richiesta al Comune per una tale operazione, nemmeno da parte della UE, trattandosi di una società mista che ha scelto il socio privato della società, proprio rispettando la condizione sempre richiesta dalla disciplina giuridica europea, di utIlizzare, per la scelta del socio privato di una società mista, procedure ad evidenza pubblica: un dato indiscusso e certo, questo, che, per la Geal spa, è stato addirittura attestato dal Consiglio di Stato, in una delle tante cause sollevate contro la società dall’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale N.1 “Toscana Nord” (v. p. 14, della Sentenza n.04527/2011, REG.PROV. COLL:del 10/12/2010).

In conclusione, la nostra risposta alla domanda posta dall’Amministrazione al dr.Tronca, è del tutto diversa, anzi è del tutto opposta a quella da lui data, posto che noi riteniamo che, qualora il Consiglio comunale lo voglia, possa sempre prorogare con una semplice delibera, adeguatamene motivata e strutturata , di altri dieci anni, la concessione d trenta anni, a suo tempo affidatagli; una concessione che verrebbe affidata ora a Geal Spa, aggiungendo agli abituali usi potabili, disciplinati dalla relativa normativa, anche le importanti funzioni agricole, che già di fatto svolge, ma che possono essere ulteriormente migliorati e rafforzati con la proroga della concessione

Il problema, dunque, è, a nostro avviso, risolubile sul piano amministrativo, permettendo a Geal spa, di continuare a gestire anche i servizi idrici integrati, come ha fatto finora, una scelta amministrativa che ci soddisfa certamente; solo che a noi non interessa soltanto di continuare a permettere a Geal spa di operare efficacemente per quanto riguarda i servizi idrici sul territorio; noi vogliamo difendere invece l’acqua dei lucchesi, in via definitiva e permanente: un obiettivi di grande rilievo politico, che si raggiunge solo riportando ( come dovrebbe fare la Regione, se solo rispettasse legge) la regolamentazione dei servizi idrici del Serchio sotto l’imperio delle leggi dell’ambiente varate dallo Stato, sottraendola alla disciplina emanata, proprio in violazione delle leggi dello Stato, dalla Regione Toscana, che, manipolando e ribaltando le vere riforme ambientali, ha tentato e ancora tenta di sottrarre ai lucchesi quello che essi hanno appunto di più caro, cioè l’acqua, che costituisce per loro non solo un bene da tutelare, ma anche un radicato valore storico e morale. Tenteremo di suggerire a chi ci legge, di aiutarci a raggiungere un tale obiettivo; suggerendo anche all’Amministrazione alcune decisioni , che potrebbero favorirlo; rinviando, comunque, ad un altro momento, un’indagine più completa e adeguata sul punto.

4). Le partecipate lucchesi. I servizi di gas, acqua, rifiuti e trasporti, nel Comune di Lucca, risentono ancora delle scelte fatte su imput del Sindaco Giovanni Martinelli, e realizzate poi dalle Amministrazioni successive di Favilla, Lazzerini e Fazzi, negli anni ’70 e ’80; la prima concreta scelta, fatta dall’Amministrazione Favilla, fu infatti quella di gestire questi servizi attraverso aziende municipalizzate, a cominciare proprio da quella relativa al servizio di distribuzione del gas, realizzata da Favilla nel 1974, tramite un esproprio della società di gestione del gas, approvato da tutto il Consiglio: la società Italgas, infatti, che, con la sua azienda doveva assicurare la distribuzione del gas all’intero territorio comunale, non aveva effettuato investimenti significativi ed aveva ridotto praticamente l’azienda ad un puro rottame, assicurando a stento il servizio solo per la zona che andava da Porta S. Anna a Ponte S.Pietro; durante l’Amministrazione Lazzerini le municipalizzate furono trasformate in società partecipate, con il Comune che, con la sua quota maggioritaria, conservava il potere di governo e di controllo della società, mentre il socio privato ne garantiva il supporto tecnico e finanziario.

A proposito della Geal spa, invero, va ricordato, però, che le loro maestranze, nella previsione,che da loro viene giudicata certa, della scadenza della concessione, nel 2025, hanno contestato giustamente l’eccessivo potere attribuito al socio privato nella società ed hanno richiesto, di conseguenza, il ritorno ad una gestione assicurata interamente dal Comune; a mio avviso le critiche sono fondate, ma dirette in modo sbagliato e pericoloso al modello di società partecipata, che a me appare invece da mantenere; infatti, l’eccessivo potere di gestione del socio privato in Geal, che paralizza spesso le scelte del socio pubblico, non è dovuto al modello di società partecipata, ma all’errore del Sindaco Lazzerini (condiviso, invero, allora, da Vivere Lucca di Tambellini e dal Partito popolare di Del Magro e Maria Eletta Martini) che aveva elaborato e imposto al Consiglio comunale uno Statuto, per detta società, che prevedeva quote maggioritarie abbastanza alte per le scelte che la legge riserva, invece, normalmente, alla maggioranza del 51%; di qui l’ eccessivo potere del socio privato, che è e rimane inaccettabile e va, al più presto, modificato, per non snaturare la natura e la funzione di una società partecipata, a maggioranza, dal Comune).

5). La politica di Rossi, della Regione e di Tambellini. Quanto all’origine delle feroci critiche mosse da Raspini, nella vicenda del dr.Tronca, che Pardini giustamente, sul piano di principio, ha respinto, bisogna ricordare che esse, se pur talvolta giuste, erano tutte viziate, però, dai pregiudizi che derivavano dalla politica seguita dalle Amministrazioni che hanno fatto capo a Tambellini, nel decennio 2012-2022, nelle quali Raspini ha pur avuto un ruolo preminente: pregiudizi che discendevano dall’ossequio di Tanbellini alla linea politica dettata da Rossi in Regione, che, da politico “bipolare”, qual’era, si era sempre proclamato comunista (anzi “l’ultimo comunista”), ma aveva promosso con apposite leggi la privatizzazione dei servizi pubblici, cominciando, da prima, nel 1998 ( con la L.R. 31/07/1998, n.42), con la privatizzazione del trasporto pubblico locale (in verità l’unica riforma poi realizzata pienamente, che andrà giudicata nel tempo), poi, nel 2011, facendo approvare dal Consiglio regionale la scelta di un gestore unico per rifiuti e addirittura per l’acqua, tutte riforme che sottraevano, invero, sostanzialmente, ogni potere in materia ai Comuni, ma garantivano in compenso, furbescamente, alla Regione, che lui a suo piacimento amministrava, forti poteri di controllo e, indirettamente, di governo su tutti i servizi pubblici locali.

Bisogna ricordare, dunque, che la linea politica strutturale, nei dieci anni dell’Amministrazione di Tambellini e del suo fidato Raspini, è stata appunto quella, prona alla Regione, di sbaraccare del tutto le partecipazioni del Comune nelle diverse istituzioni, che le precedenti amministrazioni moderate e indipendenti della città ( democristiane), avevano acquisito, liberandosi così anche di ogni responsabilità nei confronti dei cittadini; una politica, dunque, che, a mio avviso, l’Amministrazione Pardini è chiamata, oggi, durante il suo mandato, possibilmente, a contenere e contrastare, come non ha fatto invero il centro-destra, in questi lunghi anni in Toscana , attratto, anzi incantato, dagli obiettivi di “privatizzazione” , che Rossi assicurava, e che solleticavano il suo profondo e inconfessato DNA.

6). Lo sbaraccamento delle partecipazioni azionarie portato avanti dalla Giunta Tambellini. Bisogna, poi, aggiungere che Tambellini, a Lucca, a questa politica di cessione delle partecipazioni dei Comuni, nei trasporti, nei rifiuti, nell’acqua, promossa dalla Regione, alla quale aveva sempre partecipato con convinzione ed entusiasmo, aveva aggiunto anche del suo, impegnandosi in tutti i modi, per esempio, per regalare la partecipata Gesam Reti a Toscana Energia, cioè praticamente al socio dominante Italgas al quale il Comune, come già ricordato, l’aveva tolta, per irresponsabile inettitudine, nel 1974.

Tambellini aveva continuato, poi, in questa sua politica di succube sbaraccamento delle partecipazioni lucchesi, procedendo alla svendita sistematica di tutte le partecipazioni azionarie, a cominciare dalla vendita, per 20 milioni, sia delle azioni Polis ( 4 milioni), che delle azioni Salt ( 16 milioni), quest’ultima giustificata con il fatto, da lui garantito, da illuminato amministratore qual’era, che la concessione autostradale, di successiva scadenza, non sarebbe stata mai più rinnovata.

Io sono stato uno ( se non ricordo male, l’unico) che in Consiglio comunale aveva espresso obiezioni contro tale avventata profezia e aveva votato, perciò, contro una tale decisione; e infatti la concessione autostradale alla Salt è stata poi, come era prevedibile, regolarmente rinnovata; la conseguenza di tutto ciò è che Tambellini ha incassato 16 milioni dalla vendita delle quote Salt, scelta particolarmente grave, perché, con la cessione delle quote Salt, ha privato il Comune dell’unico strumento in suo possesso (realizzato, non a caso, dalle Amministrazioni DC) per incidere sulla politica della grande viabilità, come era suo dovere e come era già avvenuto per quanto riguarda la “complanare”. Ma, soprattutto tanto più grave, poi, perché Tambellini ha fatto tutto ciò “rubando” in realtà questi 16 milioni alle amministrazioni successive, a partire da quella attuale di Pardini, che avrebbero incassato nel tempo, dalla ripartizione degli utili della società Salt, molto più di quello che Tambellini aveva voluto, invece, da subito, a spese loro, arraffare.

A tal riguardo, senza volerne fare un dramma, mi dispiace che l’Assessore Bruni, non solo all’inizio dell’ Amministrazione Pardini, ma anche più recentemente, nel presentare il bilancio comunale per il 2024, per pura compiacente debolezza con chi teme o spera, com’è sua natura, non abbia fornito neppure un dettaglio sull’impiego di questi 20 milioni, inducendo così il Consiglio a credere che la situazione finanziaria positiva, lasciata dall’Amministrazione precedente, sia stata il frutto di una buona gestione, non invece, come in realtà è avvenuto, della svendita dei beni pubblici e dei servizi, che ne ha costituito la linea politica prevalente. Tambellini gliene sarà certamente grato, noi assolutamente no.

7). Giudizio positivo sulla gestione delle altre società partecipate. Per quanto riguarda la gestione delle società partecipate del Comune di Lucca, se pur sarebbe necessario un qualche tempo per esaminarle una ad una, penso che certamente alcune abbiano presentato qualche criticità ( a cominciare dal Clap, dove il presidente Glauco Moscardini, con la serenità che gli assicurava la sua immeritata indennità di 5.000 Euro al mese, ha finito per affidare il giudizio sulla sostenibilità economica dell’azienda e dunque sulla necessità della svendita, ad un sindaco revisore, nominato dalla Coop di Prato, che aveva tutto l’interesse a deciderne la cessione, per dar vita così ad un forte raggruppamento con il quale affrontare, meglio attrezzati, la gara regionale per il gestore unico; altra situazione critica quella dell’Amit, dove l’intervento improprio e inefficace della Procura sulla vicenda di Monte Niquila ( progetto proposto e sostenuto, si ricordi, non dal Comune, tantomeno dal sottoscritto, ma da quel galantuomo di Marco Marcucci, uno dei migliori Presidenti della Regione toscana, cacciato malamente dal falso moralista Ochetto), ha lasciato il nostro territorio privo di ogni impianto di smaltimento dei rifiuti); però, nel complesso il sistema delle società partecipate nel nostro Comune ha funzionato bene, a partire dalla Gesam spa, che Tambellini ha cercato in tutti i modi, durante la sua amministrazione, di far rifluire nell’Italgas, alla quale noi democristiani, per buoni motivi, come detto, a suo tempo l’avevamo meritatamente strappata; al riguardo l’ottimo direttore Vantaggiato, di recente, ne ha messo in rilievo il profilo positivo raggiunto con queste parole: “Gesam è una società nata tra il 1973 e il 1974… al tempo era una municipalizzata del valore di 28 milioni di euro. Nel 2018, in occasione della scissione asimmetrica, è stata valutata 130 milioni di euro; attualmente ha un valore stimato intorno a 75 milioni di euro: grazie alla gestione di questi anni”.

Altrettanto si deve dire della GEAL spa, di cui ora ci vogliamo occupare, ricordando che, attualmente, essa appartiene, per il 52%, al Comune di Lucca ( tramite Lucca Holding), ed è riconducibile, per il 48%, al Comune di Roma ( tramite Acea spa). A Geal spa il Consiglio comunale, con delibera n. 142 del 28 luglio 1997 ( e successiva convenzione del 6 novembre 1995), aveva affidato le gestione del servizio idrico nel proprio territorio; in data 11 maggio 1998, è stato scelto, come già detto, tramite gara ad evidenza pubblica, un socio privato, rappresentato oggi da Acea SpA, che detiene appunto il 48% delle azioni.

8). Le partecipate lucchesi nel quadro della legislazione nazionale. Va anche ricordato che il sistema delle partecipate lucchesi, in particolare la Geal sps, si inseriva bene nel quadro delle riforme ambientali, varate dal Parlamento nazionale, che, talvolta, come vedremo, addirittura la richiamavano. L’esigenza di riforme ambientali, in particolare a tutela dell’acqua e del suolo era stata innescata dalle evidenti carenze legislative messe in rilievo dai danni arrecati. nel 1966, dall’’alluvione di Firenze; chi, come me, vi era rimasto coinvolto (ho passato mesi, da assistente nella Facoltà di Giurisprudenza, a ripulire dal fango le biblioteche danneggiate) aveva compreso, già da allora, che erano urgenti e necessari interventi legislativi per proteggere, dai dannosi eventi atmosferici, l’acqua e il suolo del nostro Paese: interventi che, come era facile già da allora prevedere, non solo si sarebbero intensificati, ma sarebbero divenuti più pericolosi e dannosi proprio per l’opera dell’uomo, che, con un eccessivo consumo di suolo


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