Sabato siamo scesi in piazza a Lucca a fianco delle collettive queer transfemministe intersezionali e anticapitaliste provenienti da tutta la Toscana, che hanno portato al Pride una presenza autenticamente antifascista e con contenuti critici e radicali, evidenziando l'ipocrisia del centrosinistra nel trattare i temi dei diritti lgbtqia+.
La scelta della città di Lucca da parte dell'organizzazione del Toscana Pride, infatti, ha risposto a due necessità: da una parte, quella di fornire al centrosinistra lucchese un ulteriore e rumoroso mezzo per alimentare la consunta retorica antifascista, celebrativa ma inoffensiva; dall'altra ha permesso agli organizzatori della manifestazione di ricostruire un’immagine di facciata, dopo l'episodio accaduto a Firenze lo scorso anno, quando gli organizzatori stessi avevano richiesto l’intervento delle forze dell’ordine per reprimere il dissenso critico che denunciava lo svilimento della potenza rivoluzionaria della manifestazione.
Forze dell’ordine peraltro presenti nell'organizzazione del Toscana Pride in forma ufficiale attraverso l’associazione Polis Aperta, aderente ai sindacati di polizia e all'European LGBT police associations, che collabora con Frontex per la protezione dei confini.
In risposta a tutto ciò, come Potere al Popolo eravamo presenti alla manifestazione con uno striscione che recitava “La prima volta fu rivolta”: un chiaro riferimento ai moti di Stonewall del 1969 in risposta alle incursioni repressive delle forze dell’ordine in un noto bar gay di New York.
E anche stavolta non poteva mancare la bandiera palestinese, per ribadire il nostro sostegno a tutte le lotte di emancipazione, a partire dalla solidarietà alla resistenza palestinese e alla lotta di liberazione dei territori occupati.
La nostra partecipazione ha voluto inoltre ribadire un chiaro no all’economia di guerra che vede nel progetto di costruzione della nuova base militare a San Piero a Grado un triste simbolo anche nella nostra regione, assecondato dalla giunta Giani.
E, come già successo col presidio organizzato nel 2020 di fronte all’arcivescovato in occasione di un convegno promosso dagli organizzatori del Family Day, è stata l’occasione per denunciare nuovamente le posizioni reazionarie del vescovo Giulietti e della curia lucchese.
Infine, è inaccettabile l’atteggiamento cerchiobottista del centrosinistra che invita la giunta Pardini a partecipare e accogliere la Pride dopo mesi di polemiche sul tema, in perfetta continuità con le vesti stracciate per la sconfitta alle ultime amministrative dopo aver contribuito allo sdoganamento e al successo elettorale di Casapound col sostegno unanime a mozioni presentate dall’attuale assessore neofascista allo sport e voltando lo sguardo dall’altra parte sulle numerose aggressioni di stampo fascista negli anni dell’amministrazione Tambellini.
Per tutti questi motivi abbracciamo le grida di rivolta di tutti quei giovani queer che hanno deciso di sfilare rivendicando le proprie posizioni e i propri bisogni spesso inascoltati dalle istituzioni, denunciando contraddizioni e ipocrisie di un sistema politico ed economico che continua a reprimere il dissenso e il “diverso”.