Dl aggressioni, in campo il plauso delle categorie dai medici agli infermieri
Dl aggressioni, in campo il plauso delle categorie dai medici agli infermieri ai direttori generali
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Soddisfazione, da parte della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, per l’approvazione in Consiglio dei ministri, del decreto-legge che introduce nuove misure urgenti per contrastare la violenza nei confronti degli operatori sanitari e il danneggiamento delle strutture. A esprimerla, in un video per il Tg sanità della Federazione, Filippo Anelli, che della Fnomceo è il presidente e che nelle ultime settimane aveva rivolto diversi appelli al Governo per un provvedimento urgente sulla materia. «Il decreto è stato proposto dai ministri Schillaci e Nordio, che ringrazio – spiega Anelli - e adotta finalmente l’estensione dell’arresto in flagranza differita anche alle violenze operate nei confronti dei professionisti sanitari o comunque nelle strutture sanitarie, attraverso un filmato, una videoregistrazione o qualsiasi altro strumento che consenta di poter individuare l’aggressore. Come noto, l’arresto in fragranza differita dà la possibilità al personale di pubblica sicurezza di poter arrestare entro le 48 ore il soggetto che ha procurato violenza e quindi di assicurarlo alla giustizia». L’istituto dell’arresto in flagranza differita, già adottato in contesti quali le manifestazioni sportive o i reati inerenti alla violenza domestica, permette infatti di estendere la flagranza sino alle 48 ore dopo il fatto, ove sia disponibile adeguata documentazione derivante, ad esempio, da dispositivi di videosorveglianza. Una misura, questa, suggerita da Fnomceo e subito fatta propria dal Ministro Orazio Schillaci, insieme al Ministro Carlo Nordio, in quanto consente di effettuare comunque l’arresto anche quando, per il contesto come può essere quello di un pronto soccorso affollato, non sia possibile farlo contestualmente all’aggressione.
«Il decreto introduce anche – aggiunge Anelli - multe pecuniarie fino a 10.000 euro per chi produce qualsiasi tipo di violenza e di distruzione di suppellettili o di ambienti nelle strutture sanitarie. Rappresenta quindi oggi un primo passo importante. Crediamo che il Governo ora – conclude - debba dare delle precise indicazioni alle aziende sanitarie e alle Regioni perché adottino sistemi di videosorveglianza, utilizzando eventualmente anche i fondi del Pnrr, per poter consentire a questa norma di diventare realmente efficace».
«Esprimiamo soddisfazione per l’approvazione del decreto legge per contrastare le violenze nei confronti dei professionisti sanitari. Le misure approvate, come l’arresto in flagranza di reato anche differito e pene più pesanti per chi provoca danneggiamenti, sono ciò che attendevano gli infermieri. Le ultime rilevazioni della nostra Federazione e dell’Osservatorio sulle violenze del ministero della Salute calcolano che sono oltre 130mila i nostri professionisti aggrediti fisicamente o verbalmente ogni anno». Così in una nota, Barbara Mangiacavalli presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). «Ringraziamo il ministro Schillaci. Niente può e deve giustificare reazioni violente, che diventano poi azioni ancora più inaccettabili quanto vengono perpetrate nei confronti di chi lavora per curare e assistere chi è in difficoltà – ha sottolineato Mangiacavalli -. C’è sicuramente un contesto culturale non favorevole, in cui ogni forma di autorità è messa in discussione. Dopo questo decreto legge è quindi necessario costruire un percorso di sensibilizzazione dei cittadini rispetto al corretto utilizzo delle strutture e dei servizi del Servizio sanitario nazionale».
«Il via libera del Consiglio dei ministri al decreto contro le aggressioni al personale sanitario, proposto dal ministro Schillaci, segna un cambio di passo perché restituisce finalmente importanza e centralità a chi si occupa della salute di tutti i cittadini e dà valore alle strutture di assistenza e cura. Siamo soddisfatti delle misure approvate che, con buon senso e dopo anni di richieste, lanciano un messaggio chiaro: chi rompe paga, chi aggredisce viene punito anche ’in differita’ e se il reato è commesso da più persone la pena è ancora più pesante». È il commento di Giovanni Migliore, presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere. «A questa situazione - prosegue - Fiaso risponde con una fotografia aggiornata dei nostri pronto soccorso, da cui emerge una grande consapevolezza rispetto all’emergenza violenza insieme alla necessità di offrire sempre più protezione a pazienti e personale. In sette strutture su dieci - precisa Migliore - è infatti già operativo personale di sorveglianza coadiuvato da sistemi elettronici di telecamere e in oltre meta’ dei nostri pronto soccorso ci sono presidi fissi di Polizia. In Italia sono 615 i pronto soccorso e accolgono ogni anno oltre 18,7 milioni di pazienti. Ospedali e aziende sanitarie sono già pronte, ora bisogna dare rapida applicazione alle nuove misure e fornire mezzi e indicazioni a chi ancora non ha tutte le condizioni per una maggiore sicurezza. È necessario anche impegnarsi per prevenire gli episodi di violenza nei luoghi di cura, riprogettando l’offerta dei servizi a partire dai pronto soccorso e collaborando attivamente con le forze di polizia per l’analisi del rischio. Non si tratta solo di un giro di vite, ma di un cambio di paradigma per una maggiore prevenzione a tutela di chi lavora per il bene collettivo della salute». Fiaso giudica infine positivamente la definizione e l’adozione di concerto con il Viminale delle linee guida per la videosorveglianza per permettere così alle aziende sanitarie di armonizzare l’azione a livello nazionale.
«Questo decreto è un’azione concreta a garanzia della sicurezza delle nostre strutture e, soprattutto, di chi ci lavora per tutelare la salute dei cittadini. Auspichiamo si possano creare le condizioni di deterrenza affinché nei luoghi di assistenza si riduca il fenomeno delle violenze, fisiche e anche verbali. Ora è importante avviare una nuova fase che rimetta al centro dell’attenzione pubblica il rapporto tra operatoti e cittadini, per poter guardare responsabilmente ad un contesto più ampio che richiede soluzioni strutturate. Quello di oggi certamente segna un prima e un dopo. Oggi occorre investire in comunicazione per invertire il corto circuito culturale che attiene al rapporto tra personale sanitario e utenti al fine di ripristinare un clima di fiducia e di rispetto che si è andato progressivamente deteriorando». Così il presidente di Federsanità e Dg del Policlinico Umberto I, Fabrizio d’Alba. «Quello della prevenzione delle violenze fisiche e verbali contro operatori sanitari è uno dei temi prioritari che come Federsanità affronteremo in ogni tavolo istituzionale e ad ogni livello di collaborazione associativa - prosegue - per ribadire la sacralità della sanità pubblica e del ruolo unico in essa svolto dagli operatori che hanno come mission quella di prendersi cura della salute».
«L’approvazione del decreto-legge sulle aggressioni è una risposta concreta e immediata a una emergenza nazionale, pludiamo e sosteniamo l’operato del ministro Orazio Schillaci. Naturalmente questa è soltanto una risposta a valle di una emergenza sociale incontrollabile. A questo punto è necessario che la raccomandazione numero 8 del ministero diventi una direttiva obbligatoria da attuare da parte dei direttori generali degli ospedali. Auspichiamo, inoltre, che il documento di valutazione del rischio non sia il solito “foglio di carta” che resta a marcire nelle scrivanie, come nel recente passato lo è stato il piano pandemico pre covid, ma che venga immediatamente attuato». A dichiararlo è Guido Quici, presidente del sindacato medici Federazione Cimo-Fesmed, a cui aderiscono Anpo-Ascoti, Cimo, Cimop e Fesmed).
«Il decreto risponde in maniera decisa, dura ed efficace alle nostre richieste di intervento per ridurre il fenomeno delle aggressioni agli operatori sanitari - dichiara il segretario nazionale Anaao Assomed Pierino Di Silverio -. Sappiamo bene che queste misure rappresentano un deterrente e non sono sufficienti a risolvere completamente il problema che è oramai diventato sociale ancor prima che professionale o politico. Ora bisogna procedere spediti verso la riformulazione del paradigma della presa in cura del paziente, rendendo più appetibile la professione e contrastare così la carenza di personale. Per uscire dal questa spirale di violenza è necessario agire anche sulla cultura e sulla sensibilizzazione della popolazione e restituire la dignità professionale al dirigente medico e sanitario. Riteniamo infine che tutti debbano fare la propria parte, noi per primi, per infondere fiducia nel sistema di cure pubbliche e nei suoi professionisti, e non cercare a tutti i costi il capro ispiatorio anche attraverso pubblicità mirate come sempre più spesso accade da parte di sedicenti studi legali», conclude.
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