Contenzione in psichiatria, un documento senza visione né risorse: l’ennesima occasione mancata

Contenzione meccanica in psichiatria, un documento senza visione né risorse: l’ennesima occasione mancata di Andrea Angelozzi Il Quotidiano Sanità ci ha puntualmente informato sulla approvazione, da parte della Conferenza Stato-Regioni, delle “Linee guida per il superamento della contenzione meccanica in SPDC". Era un documento atteso da tempo, anche perché aveva vissuto già una lunga gestazione nel Tavolo ministeriale della Salute mentale che aveva preceduto quello attuale. L’impressione complessiva è che rappresenti una ulteriore occasione persa. E questo non solo perché si tratta dell’ennesimo documento sulla salute mentale, fatto senza finanziamento specifico, cioè accuratamente "senza nuovi e maggiori oneri". C'è da domandarsi se la logica costante che sottende tutti questi provvedimenti sia l’idea che le disfunzioni della salute mentale siano sempre solo una disorganizzazione o una incompetenza degli operatori, e mai un problema di risorse. In questo senso sembra deporre anche la assenza nel documento di una analisi delle cause del fenomeno e la tipologia delle soluzioni che vengono proposte. Questa impostazione sembra supportata anche dal riferimento solo marginale e di sfuggita al fatto che le Regioni dovrebbero verificare le adeguate dotazioni, anche di personale, delle strutture territoriali e degli SPDC. Un aspetto tutt’altro che marginale in realtà, dato che è esperienza di tutti come la possibilità di risorse condizioni quella attenzione dedicata ai pazienti, sia nel prevenire sia nel gestire i momenti di crisi, che poi finisce per essere la vera prevenzione della contenzione. Oltre al mancato riferimento a una analisi delle cause, non viene presentato nessun dato sul problema, nonostante si confermi che talune Regioni hanno un loro sistema di rilevazione. Nella Regione Veneto una rilevazione annuale era stato istituita con DGR ancora nel 2020 ma, nonostante specifica richiesta, i dati non erano stati mai rilasciati. Nel 2022 era stato deliberato specifico finanziamento di 100.000 € per realizzare “azioni capillari di condivisione dei risultati del monitoraggio sui dati della contenzione fisica” da assegnare alla Fondazione Scuola di Sanità Pubblica, che peraltro non ha fino ad ora condiviso alcun dato. E qui ci sarebbero due riflessioni da fare: la prima è che non si è affrontato realmente questo problema per i quasi 50 anni che ci separano dalla legge 180/78. La seconda è come mai nemmeno i pochi dati esistenti vengono presentati. È difficile sottrarsi alla sensazione che comunque ci sia un imbarazzo di fondo e mille contraddizioni che non permettono di entrare veramente nella questione. In questo senso va anche la mancanza di riferimento ad altre strutture, ospedaliere e non, non appartenenti alla salute mentale e che notoriamente utilizzano la contenzione come e più della psichiatria (terapia intensiva, geriatrie, RSA e Case di Riposo). Sembra quasi allora che esistano due tipi di contenzione e solo quella in salute mentale sia apparentemente un problema. Emerge poi una linea di fondo del documento che scivola gradualmente da escludere la contenzione per motivi etici e giuridici a limitarla, fino ad una legittimazione al suo uso, assolto per via burocratica, applicando semplicemente specifici protocolli. Alla fine, nonostante l’assenza di una analisi delle cause e di qualunque dato sulle caratteristiche e la entità del problema, il documento propone comunque una serie di interventi. Da una parte troviamo aspetti di puro senso comune come la organizzazione degli spazi e la valorizzazione della relazione, benedetta dal mantra dell’atteggiamento empatico, un qualcosa che per sua natura scompare non appena richiesto per norma; dall’altra promuove come grande soluzione il modello di Maier & Van Rybroek, considerato concettualmente fondante per gli approcci moderni di de-escalation, ma per il quale non esiste un solo RCT specifico che ne confermi la efficacia, ma solo pochi studi osservazionali su metodi analoghi con risultati discutibili. Stabilisce anche l’obbligo per le Regioni di raccogliere i dati al riguardo (peraltro solo per la salute mentale), ma nessun obbligo di renderli pubblici. Il documento non esamina per scelta la contenzione farmacologica e questo non consente di affrontare il problema del suo impatto su cadute o problemi cardiovascolari, questione non indifferente, considerato il suo uso spesso alternativo alla contenzione meccanica nell’idea che sia eticamente più accettabile e meno apportatore di danni. E cosa dire del paragrafo dedicato alla neuropsichiatria infantile dove questa prassi viene legittimata anche con i bambini per i quali “valgono gli stessi principi generali descritti per gli adulti"? L’indicazione generale che “i genitori devono essere informati e coinvolti nei percorsi di cura” non è certo garanzia che la contenzione in situazioni di crisi avvenga necessariamente previo loro consenso. Quanto al giudice per i minori non è nemmeno nominato. Si dichiara poi la sua applicazione anche nelle Rems, ponendo ulteriori problemi di legittimità giuridica, intervenendo su pazienti in cura con sentenza di un magistrato, ma con uno strumento che non è utilizzato nè utilizzabile nelle carceri. Fra l’altro in tutto il documento non c’è un solo passaggio che chiarisca il complesso rapporto concettuale e giuridico rapporto fra contenzione e trattamento sanitario obbligatorio. E d’altra parte non potrebbe essere diversamente per non entrare nella questione delle contenzioni al di fuori degli SPDC, dove il TSO non può nemmeno essere fatto. Alla fine, mentre la Corte Costituzionale ha appena cercato di restituire alla garanzia del magistrato le limitazioni alla libertà personale legate al TSO, questo documento ci conferma che la contenzione rimane una pesantissima limitazione alle libertà personali, esercitata da sanitari, ma affidata solamente alle loro valutazioni, da gestire in proprio fra le mura ospedaliere senza che nessun magistrato possa, non dico vigilare, ma nemmeno esserne informato. Questi sono i tanti elementi per cui ritengo questo documento l’ennesima occasione persa in salute mentale, oltre a porre dubbi inquietanti, fra assenza di risorse ed idee e provvedimenti coercitivi, su quale sia la psichiatria che si vuole disegnare. Andrea Angelozzi https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=132934
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