Ritmo, luce e sogno nell’evoluzione artistica del primo Novecento
Romano Pesavento
A Lucca è possibile visitare, presso la Fondazione Ragghianti fino all’08 gennaio, una mostra estremamente interessante, dal titolo “Nuove Tendenza | Leonardo Dudreville e l’Avanguardie negli anni dieci”, curata da Francesco Parisi in collaborazione con l’Archivio Leonardo Dudreville, interamente dedicata ai talenti più visionari, irrequieti e innovativi agli inizi del Novecento in Italia.
Gli artisti in questione (Leonardo Dudreville, Mario Chiattone, Achille Funi, Adriana Bisi Fabbri, Siro Penagini, Aroldo BonzagniCarlo Erba, Guido Cadorin, Antonio Sant’Elia, Marcello Nizzoli e altri), con le proprie scelte formali rivoluzionarie e spesso incomprese al punto da indurre molti di loro a “rifugiarsi” in una mostra apposita “Mostra di pittura e scultura rifiutata”, incentrata proprio su opere scartate e dissidenti dagli stilemi in voga all’epoca, hanno saputo cogliere e interpretare l’essenza del loro tempo, prima che critici e pubblico lo comprendessero. Il Caffè Cova di Milano, sede d’elezione per tali artisti e intellettuali, ha nutrito le speranze e alimentato gli scambi dialettici delle personalità più creative e “perseguitate” del periodo; come accadeva a Parigi e a Firenze i caffè diventavano accademie alternative, destinate a segnare l’immaginario collettivo, imprimendo svolte impensabili e irresistibili ai linguaggi iconografici dalla Belle Époque in poi.
La produzione dei pittori in questione stupisce ancora per la modernità delle tematiche proposte e per la ricerca di nuovi linguaggi e strumenti espressivi.
Dudreville, per esempio, meriterebbe maggiore spazio nelle aule scolastiche proprio perché nelle sue tele confluiscono suggestioni del passato, tendenze del suo presente, nonché ipotesi di futuro, in originale quanto “eretico”, probabilmente per i suoi contemporanei, sincretismo.
L’eredità di Van Gogh è tangibile in molte pennellate a spirale dalle tinte brillanti; l’espressionismo di Schiele nella maschera marcata di alcuni volti (Il caduto); la mistica contemplazione della natura nei suoi squarci paesaggistici più segantiniani (Mattino sull’Appennino; Primavera in Valsassina); la scomposizione e l’aggregazione degli elementi, come in una danza di atomi, nel puntinismo / divisionismo delle lucciole notturne in “Le voci del silenzio (le lucciole)” del 1908 e le vibrazioni da ultrasuono futurista nelle sue tele più astratte e vagamente oniriche (Autunno; Ritmi emanati da Antonio Sant’Elia; Aspirazione; Senso).
L’arte di Dudreville nasce da un’esigenza comunicativa pronunciata e inderogabile; il suo dialogo con il mondo e la realtà circostante non conosce ipocrisie: l’evoluzione è necessaria per rappresentare il cambiamento della propria interiorità in funzione della rappresentazione esterna.
L’io si proietta nello spazio e nella realtà caricandosi di energia, luce e forza vitale. Il segno ne racconta la traiettoria e la vita.