Erbacce è biodiversità
Erbacce è biodiversità
In questi giorni è nata una disputa su alcuni punti di vista riguardo alla gestione della vegetazione lungo i fossi delle mura di Lucca. Il mio sarà abbastanza di parte in quanto sono biologo, ho studiato i temi dell’ecologia fluviale ed ho lavorato per l’applicazione di alcuni indici biologici sui corpi idrici. Oggi mi occupo prevalentemente di specie infestanti e del loro controllo.
Parlare degli aspetti ecologici è difficile, soprattutto se il confronto viene fatto tra generazioni diverse. Lo vedo nelle dispute con i miei genitori sul taglio del prato, con io che lotto per proteggere i fiori selvatici. Quindi, se il dibattito è necessario per allargare i punti di vista, è giusto che si dia la possibilità a tutti di parlare ma è importante anche saper ascoltare e comprendere il valore di quello che si dice, soprattutto se lo si fà in pubblico e non in privato tra amici.
La Natura per essere compresa va interpretata. Così come la Stele di Rosetta consentì di decifrare i geroglifici, così la conoscenza scientifica ci dà la giusta chiave di lettura per comprendere i fenomeni naturali. La scienza non è un'opinione ma si basa su fatti oggettivi replicabili. Se oggi affermo che il tiramisù si fa con l'emmental è la mia opinione, solo libero di farlo, ma da qualche parte un cuoco muore.
Parlare di erbacce significa non avere cultura botanica, ecologica e storica. Le erbacce selvatiche sono un variopinto mondo di colori, un tempo utilizzate sia come alimento (anche terapeutico) che come base per numerosi usi. Basti pensare ai cesti in vimini di una volta o alla lettiera per gli animali. Ben più importante è sicuramente il ruolo ecologico. Le piante concorrono a formare gli habitat e sono un alimento per numerose specie diverse. Svolgono importanti funzioni: ad esempio regolando la temperatura dell'acqua dei piccoli corpi idrici, grazie all'ombreggiamento oppure, con le loro radici, trattenendo i sedimenti e la lisciviazione dei nutrienti. Riducendo così gli squilibri ambientali prodotti dagli uomini e mantenendo l’omeostasi. Alcuni insetti, come le farfalle, hanno bisogno solo di alcune piante nutrici specifiche mentre altri sfruttano gli steli per emergere dall'acqua e completare lo sviluppo o per stazionare in attesa di una preda.
Quindi le piante, di cui si dice essere erbacce, in realtà sono elementi che compongono la natura. Possiamo fare a meno di essa e gestire come un campo da golf gli spalti delle mura di Lucca? La scienza dell’ecologia (e non l’ecologismo) ci dice che oggi numerose specie animali e vegetali sono in crisi a causa delle attività umane (urbanizzazione eccessiva, inquinamento, sfruttamento delle risorse,..). Quindi, se vivessimo nel ‘700, quando l’impatto dell’uomo sull’ambiente era minore, probabilmente si sarebbe potuto fare a meno della poca (in confronto ad altri ecosistemi) natura presente sugli spalti. Ma in un contesto come il nostro, dove la devastazione degli equilibri naturali è altissima, è necessario sollevare l’attenzione sulle piccole cose, nella speranza che sia di insegnamento per il futuro.
La cosa che mi sorprende è quali elementi siano stati usati per dare un giudizio negativo del genere. Su quali basi si sono documentati? Oggi la natura fa paura, pretendiamo che rispetti i nostri modelli teorici ma in definitiva, come diceva all’islandese di Leopardi, è indifferente all’uomo. Ci lamentiamo per la presenza di poche erbe spontanee naturali ma non per il cemento, che ammorba il respiro e affossa il paesaggio. Ignoriamo che il bioma umano è influenzato dall'ambiente naturale che ci circonda e condiziona la nostra stessa salute. Quindi più cemento vuol dire avere meno salute e possibilità di stare bene (basti pensare alle isole di calore).
Noi stiamo distruggendo gli equilibri naturali alterando per sempre la possibilità di ripristinarli. Abbiamo dato poca considerazione alla scienza dell’ecologia dando ampio spazio ai bisogni economici più che alla sostenibilità. Basta vedere come la pubblica amministrazione considera l’ecologia ed i laureati in scienze biologiche, e altre discipline similari, quasi del tutto assenti dagli uffici ambiente degli enti locali. Chi può dar voce al popolo muto di animali e piante selvatiche e farci aprire gli occhi sui danni ambientali che stiamo producendo e che si riverseranno contro di noi? Un recente articolo su un quotidiano indica chiaramente le motivazioni economiche, come il primo motivatore delle scelte pubbliche, mancando un confronto ed una voce forte delle parti competenti come quella scientifica.
Condannare il progetto delle erbe selvatiche è come condannare all'inquisizione Galileo per la seconda volta e tornare ai tempi bui prima dell’illuminismo. La critica non è stata fatta su basi scientifiche ma su opinioni personali prive di un qualsiasi fondamento. L’umanità dovrà affrontare (deve perché i cambiamenti sono già in atto) sfide epocali, un po’ come ai tempi delle epidemie di peste. Nessuno sa di preciso quali saranno gli effetti sulla salute dei cambiamenti climatici in corso (ammesso che si accettino i dati dell’IPCC) certo è che, uno sguardo alle grandi estinzioni del passato, può darci una drammatica idea.
PER LA BIBLIOGRAFIA CONSULTATA POSSO INVIARE I TITOLI DI LIBRI E RIVISTE
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