IL GRANDE FESTIVAL DEL BUSINESS ED I MUSICISTI DI STRADA

Oggi inizia il 73° Festival della Canzone Italiana di Sanremo e le notizie che lo riguardano riempiono da tempo i telegiornali nazionali. Da sempre le case discografiche più potenti fanno di tutto per far entrare e promuovere i propri cantanti in questo concorso che ogni anno propone alcuni dei nomi più popolari del mercato canoro nazionale e nuove leve, che al di là dell'oggettivo o meno talento, diventano “famosi”, almeno per un po'. Una manifestazione che fa girare milioni di euro e che, nonostante siano molti coloro che dicono di non guardarlo e di non seguirlo, coinvolge milioni di telespettatori ed ascoltatori da tutta Italia ed anche dall'estero. Proprio in questo giorno desidero però condividere questa mia opera realizzata ad acquerello in omaggio ad una categoria parallela ma molto distante di cantanti e musicisti: i "musicisti di strada", cioè quelli che vivono, appunto, per le strade, la propria attività musicale, a volte anche con evidenti e particolari professionalità che li farebbe pensare come sicuramente idonei ai palcoscenici dei migliori teatri ed ai programmi televisivi di spettacolo di maggior successo, ma che invece svolgono la loro attività sul filo della sopravvivenza, lontani da ogni seria attenzione e considerazione artistica. A volte suonare in strada è una scelta, per un rapporto diretto e coinvolgente con la gente, ed altre volte, a monte ci sono ragioni dalle esperienze e vicissitudini molto amare e tristi. Molto spesso le loro performance, grazie al talento espresso, rapiscono l'attenzione e regalano momenti piacevoli, offrendo il bello della musica. Possono essere menestrelli ironici e clowneschi, interpreti di arie famose e popolari di vari stili musicali, cantautori impegnati o raffinati esecutori della cosiddetta "musica colta", ma in ogni caso per me rappresentano una preziosità sociale, artistica e culturale avvolta in un'atmosfera malinconica, romantica e quasi "eroica", da considerare con attenzione, benevolenza e gratitudine. Spesso si tratta di veri e propri talenti, ma “senza nome”, e destinati ad un solo mezzo sguardo distratto (ed a volte anche disturbato) dei frettolosi passanti. La loro vita è legata a piccole libere offerte del pubblico, raccolte nelle custodie dei propri strumenti, in barattoli o nei loro cappelli, ed a loro, con la mia opera, offro un fraterno, complice, solidale ed artistico abbraccio.

Bruno Pollacci

Direttore dell'Accademia d'Arte di Pisa

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