Nessun
territorio è stato risparmiato dall’impatto di questi cambiamenti, ma
in alcuni di questi alla crisi è corrisposto un complessivo declino dei
sistemi produttivi locali – pensiamo a quelli tradizionali del
cuoio-calzature e del tessile-abbigliamento – e del loro tessuto
sociale, mettendo in discussione modelli, apparentemente resilienti,
perché capaci di coniugare sviluppo locale e capitale sociale. I
fenomeni di criminalità organizzata si innestano in questo contesto,
rappresentando una variabile interveniente rispetto a processi che
traggono origine in equilibri venuti a mancare in economia quanto in
società. Alle sottovalutazioni di molte istituzioni e di vari segmenti
della società civile, talvolta genuinamente mosse da una fiducia
smisurata sulla resilienza di certe subculture contro fenomeni criminali
che si ritenevano distanti geograficamente e culturalmente, nel tempo
hanno messo radice nell’economia e non solo, cointeressenze con un
fenomeno mafioso a tratti non interessato ad assoggettare, ma a
corrompere. Nonostante, infatti, questa lunga fase di incertezza ed
instabilità economico-sociale, «l’attività delle mafie e della altre
organizzazioni criminali continua incessantemente nel territorio della
Toscana».
Le operazioni antimafia promosse nella regione segnano
uno tra i traguardi più avanzati mai raggiunti nell’azione di contrasto
penale delle mafie nella regione. Un punto d’arrivo che, seppur
provvisorio e ancora non cristallizzato sotto il profilo processuale,
era difficile da immaginare solo un ventennio fa, quando per una diffusa
sottovalutazione della questione mafie essa veniva derubricata spesso
ad un problema di mero riciclaggio e di soggiornati obbligati. Nei vari
rapporti sono stati delineati alcuni dei caratteri distintivi di una
‘variante’ toscana rispetto alle dinamiche di riproduzione criminale
delle mafie nazionali e transnazionali nella regione, venendo meno il
più delle volte una presenza organizzativa stabile e territorialmente
radicata, il core business del racket territoriale o del controllo
monopolistico di segmenti del mercato, un’utilizzazione del metodo
mafioso tradizionale nella creazione di un clima di assoggettamento che
ha come referenti non solo le vittime dei delitti mafiosi, ma un’intera
comunità.
Domenico Capezzoli, Blogger, politico, sindacalista e attivista antimafia