Agricoltori disperati. La denuncia di Coldiretti. Il video.
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Nei
campi coltivati a farro, grano, orzo e patate gli agricoltori
raccoglieranno poco o nulla. Non è però colpa, questa volta, della
siccità o della pazza primavera ma delle sempre più ricorrenti
devastazioni di branchi di cinghiali, anche venti alla volta, che come
cavallette, entrano nei terreni, anche recintati e divorano tutto ciò
che incontrano lasciando sul loro cammino distruzione e danni alle
colture. La loro presenza è una minaccia per la biodiversità, la tenuta
idrogeologica del territorio e per la sicurezza stradale. Parte
dall’Alta Garfagnana, tra le montagne di Sillano e Giuncugnano, il grido
d’allarme degli agricoltori. Un grido che si fa disperazione. A
denunciarlo è Coldiretti Lucca che ha pubblicato sui proprio canali
social un video con protagonista un gruppo di cinghiali intenti a
rufolare nei terreni di un agricoltore. “Per fronteggiarli è stato
attivato l’articolo 37 che prevede l’abbattimento controllato, fuori dal
periodo di caccia programmata, a tutela delle produzioni agricole da
parte della polizia provinciale o degli agricoltori se abilitati. Uno
strumento utile che abbiamo ottenuto dalla Regione Toscana che di fronte
a numeri così elevati però non è sufficiente e risolutivo. – spiega
Andrea Elmi, Presidente Coldiretti Lucca – Quello che oggi noi chiediamo
sono interventi su larga scala per ridurre drasticamente il numero di
esemplari e ristabilire un equilibrio sostenibile”.
L’esplosione
del numero di cinghiali, ma anche daini e caprioli, è una fortissima
motivazione di abbandono delle montagne da parte delle imprese agricole
che già devono operare in condizioni svantaggiate sia dal punto di vista
delle lavorazione che economico. In dieci anni hanno dovuto alzare
bandiera bianca il 70% di aziende agricole principalmente a conduzione
famigliare attive sulla montagna lucchese. Una moria che si trascina
dietro spesso anche la fuga da quei territori. “La presenza delle
aziende agricole – spiega ancora il Presidente di Coldiretti Lucca –
assicura la vita nelle zone più marginali e difficili. Sono presidi
contro lo spopolamento e l’abbandono. Ma per resistere in territori così
complicati le aziende devono avere la possibilità di produrre reddito.
Oggi seminano e coltivano per alimentare la fauna”.
Paolo Magazzini,
imprenditore molto conosciuto a Petrognola, a Piazza del Serchio, che
produce farro IGP e grani antichi con metodo biologico, apre le braccia
in segno di rassegnazione. “Metà del prossimo raccolto resta in campo. –
spiega – Hanno divorato le spighe e sdraiato il grano. Quando entrano
dentro i terreni è un disastro. Il problema si è fatto sempre più
pesante e rilevante in questi ultimi anni. Ma quest’anno
particolarmente. In mancanza di interventi risolutivi tra due-tre anni
saremo sopraffatti. Non potremo più coltivare nulla in queste zone”.
Giovanni Danti,
conosce bene l’emergenza che gli agricoltori stanno vivendo avendo
ricoperto anche incarichi all’interno dell’ATC e partecipato a molte
manifestazioni: “i risarcimenti non sono la soluzione e non ripagano mai
del danno subito e gli abbattimenti selettivi sono inefficaci. Dalla
chiamata agli abbattimenti passano anche settimane. Di questo passo
saremo costretti a prendere tutti il porto d’armi per poter intervenire
direttamente”. Danti ha dieci ettari di terreni coltivati per lo più a
farro, patate e fieno ad uso animale: “I costi per recintare i terreni
coltivati sono troppo alti in confronto alle rese per ettaro che sono
molto basse a queste altitudini”.
Paola Bertolini ha
un’azienda in località Castelletto a Sillano. 30 ettari dove in molti
punti pare siano cadute delle bombe: “Non riusciamo a raccogliere
nemmeno quello che è necessario per tirare avanti. Si coltiva in
perdita. Ogni anno è sempre peggio. Non voglio indennizzi, voglio poter
coltivare e raccogliere quello che semino”.
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