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  • 22/01/2024 00:55

DEPRESSIONE E DISTURBI DEPRESSIVI

DEPRESSIONE E DISTURBI DEPRESSIVI La depressione è un disturbo che implica alterazioni del tono dell’umore. Può essere curata con un approccio psicoterapico e/o farmacologico. Quando si parla di depressione nel linguaggio quotidiano, e anche in contesti clinici, si fa riferimento di fatto a un disturbo depressivo. Il termine disturbo depressivo definisce un raggruppamento di disturbi psicopatologici e psichiatrici che implicano anzitutto alterazioni significative del tono dell’umore della persona accompagnate da altri sintomi di natura sia somatica che psicologica. Il quadro complessivo di tali sintomi e delle alterazioni del tono dell’umore comporta una compromissione del funzionamento sociale e lavorativo della persona. I SINTOMI DELLA DEPRESSIONE Come si manifesta e quali sono i sintomi della depressione che accomunano le diverse tipologie di disturbo depressivo e che si ritrovano trasversalmente a esse? Anzitutto la depressione è caratterizzata da sono un umore depresso e/o una diminuzione di interesse e/o piacere per le attività quotidiane (tra cui anche diminuzione del desiderio sessuale). Generalmente insorgono emozioni di tristezza profonda e continua, disperazione, apprensione, rabbia, apatia. La persona si sente emotivamente labile con facilità al pianto, emergono pensieri di autosvalutazione e colpa, pessimismo, pensieri negativi e calo di autostima; nella depressione possono essere presenti anche pensieri di morte, impotenza e ideazione/pianificazione suicidaria. Con la deflessione del tono dell’umore variano anche i livelli di energia fisica, faticabilità, la qualità del sonno e dell’appetito. Nella quotidianità la persona può percepire maggiore faticabilità e sensazione di stanchezza, una marcata difficoltà nella concentrazione e indecisione nell’affrontare le proprie incombenze o semplici azioni. A livello cognitivo generalmente è presente una ricorrente ruminazione e/o rimuginio. Inoltre anche la diminuzione o l’aumento di peso corporeo e dell’appetito, così come ipersonnia o insonnia sono sintomi che possono insorgere in un quadro di depressione. I disturbi depressivi (o depressione unipolare) si caratterizzano per l’assenza di episodi maniacali o ipomaniacali nella storia del paziente. La depressione può manifestarsi con diversi livelli di gravità: alcune persone presentano sintomi depressivi lievi e transitori, mentre altre presentano forme di depressione più gravi e hanno una estrema difficoltà e disagio nel compiere le attività quotidiane per periodi più lunghi di tempo. TIPOLOGIE DI DEPRESSIONE: I DISTURBI DEPRESSIVI Parlare di depressione può voler dire tecnicamente riferirsi a specifici disturbi depressivi (o potremmo dire, diverse tipologie di depressione) tra cui: EPISODIO DEPRESSIVO MAGGIORE All’interno del gruppo dei disturbi depressivi possono insorgere singoli episodi di alterazione del tono dell’umore e l’accertamento dell’insorgenza di tali episodi nel tempo è estremamente rilevante ai fini diagnostici. Quindi, ad esempio, quando si parla di depressione potrebbe trattarsi di un episodio depressivo maggiore che è caratterizzato dalla presenza – durante e per almeno un periodo di due settimane – di almeno cinque dei seguenti sintomi (di cui necessari uno dei primi due è necessario per fare diagnosi di episodio depressivo maggiore): umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni (come riportato dall’individuo o come osservato dagli altri); marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni; significativa perdita di peso, non dovuta a dieta, o aumento di peso (per es., un cambiamento superiore al 5% del peso corporeo in un mese) oppure diminuzione o aumento dell’appetito; insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni; agitazione o rallentamento psicomotori quasi tutti i giorni; faticabilità o mancanza di energia quasi tutti i giorni; sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati, quasi tutti i giorni ridotta capacità di pensare o concentrarsi, o indecisione, quasi tutti i giorni; pensieri ricorrenti di morte, ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio, o un piano specifico per commettere suicidio Per fare diagnosi di episodio depressivo maggiore, i sintomi devono recare un disagio significativo o una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. L’episodio di alterazione dell’umore, inoltre, non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o a un’altra condizione medica generale. La durata media di un episodio depressivo maggiore può durare da 6 mesi a un anno, a seconda della gravità (Blaney & Millon, 2009). DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE In termini di disturbi, il corrispettivo dell’episodio depressivo maggiore è quel tipo di depressione che in letteratura viene definita Disturbo Depressivo Maggiore. Per fare diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore deve essere presente nella storia dell’individuo almeno un episodio depressivo maggiore e devono essere esclusi in anamnesi episodi maniacali o ipomaniacali. Nel formulare diagnosi di depressione maggiore è fondamentale tenere presente che periodi di tristezza e irritabilità sono aspetti inerenti all’esperienza umana e sono fisiologici. Sentirsi molto tristi e privi di energia, avere sentimenti di vuoto, sentire di aver perso ogni interesse dopo aver perso una persona cara (es. separazione, divorzio, lutto) è una reazione naturale, coerente con l’esperienza che stiamo vivendo e, nella maggior parte dei casi, transitoria. Tali periodi non dovrebbero pertanto essere diagnosticati come depressione a meno che i criteri non siano soddisfatti per gravità, durata e disagio clinico; sono inoltre frequenti quadri clinici di depressione lieve che potremmo definire sotto-soglia, in cui cioè sono presenti alcuni dei sintomi della depressione, ma per durata, intensità o quantità della sintomatologia non vengono soddisfatti i criteri di alcun disturbo. DISTURBO DEPRESSIVO PERSISTENTE (DISTIMIA) In tal caso l’umore deflesso è presente quasi ogni giorno per almeno 2 anni. Nel caso del Disturbo Depressivo Persistente sono presenti in concomitanza all’umore depresso almeno 2 dei seguenti sintomi: scarso appetito o iperfagia, insonnia o ipersonnia, astenia, bassa autostima, difficolta’ di concentrazione o nel prendere decisioni, sentimenti di disperazione. In questo caso non vi sono pensieri di morte, ma nella persona prevalgono sensazioni di debolezza e inefficacia, pensieri negativi su se stessi e sul proprio futuro, bassa autostima, difficolta nel provare piacere e nell’affrontare le difficoltà nella propria quotidianità. DISTURBO DA DISREGOLAZIONE DELL’UMORE DIROMPENTE Il Disturbo da disregolazione dell’umore dirompente è caratterizzato da gravi e ricorrenti scoppi di collera manifestati verbalmente e/o in modo comportamentale che sono grossolanamente sproporzionati nell’intensità o nella durata alla situazione. La frequenza degli scoppi di collera è in media di tre o più volte la settimana. La persona tra uno scoppio di collera e l’altro ha un umore persistentemente irritabile o arrabbiato per la maggior parte della giornata, quasi tutti i giorni, ed è osservabile da parte di altri. Per parlare di Disturbo da disregolazione dell’umore dirompente tali manifestazioni colleriche devono essere presenti per almeno 12 mesi, e durante tale intervallo di tempo, non vi deve essere un periodo della durata di 3 mesi o più consecutivi senza tutti i sintomi. Potremmo dire che in tale quadro le protagoniste sono la rabbia e la collera, e le conseguenti difficoltà interpersonali e relazionali che sono legate a tali dinamiche di alterazione dell’umore, irritabilità e disregolazione emotiva. DISTURBO DISFORICO PREMESTRUALE Per diagnosticare il Disturbo disforico premestruale è necessario che nella maggior parte dei cicli mestruali siano presenti almeno 5 sintomi nella settimana precedente le mestruazioni (tali sintomi iniziano a migliorare entro pochi giorni dall’insorgenza delle mestruazioni e si riducono al minimo o scompaiono nella settimana successiva alle mestruazioni). Tra i sintomi tipici di questa tipologia di Disturbo depressivo disforico legato al ciclo mestruale ritroviamo: marcata labilità affettiva (per esempio, sbalzi di umore, sentirsi improvvisamente tristi o tendenti al pianto, etc); marcata irritabilità o rabbia oppure aumento dei conflitti interpersonali; umore marcatamente depresso, sentimenti di disperazione o pensieri autocritici; ansia, tensione e/o sentirsi con i nervi a fior di pelle; difficoltà di concentrazione o nel prendere decisioni; sentimenti di disperazione. DISTURBO DEPRESSIVO CON ANSIA La comorbilità tra depressione e sintomi d’ansia è molto frequente, tanto che fino alla precedente edizione del DSMIV era presente il Disturbo misto ansioso-depressivo, caratterizzato da umore disforico persistente della durata di almeno un mese, accompagnato da almeno quattro dei seguenti sintomi: difficoltà di concentrazione, alterazione del sonno, affaticamento, mancanza di energia, irritabilità, preoccupazione, facilità al pianto, ipervigilanza, previsioni negative, disperazione, bassa autostima e disprezzo di sé. Ad oggi tale categoria diagnostica permane in altri sistemi di classificazione (ad esempio, ICD-10), mentre nel caso del DSM5 tale quadro clinico non ha più questo nome, ma è invece possibile aggiungere la specifica “con ansia” a ciascuna tipologia di disturbo depressivo. DEPRESSIONE DOVUTA A CONDIZIONI MEDICO-FARMACOLOGICHE Inoltre, vi possono essere alcune forme di depressione che sono di fatto la conseguenza dell’assunzione di sostanze o di farmaci, oppure che sono legate ad altre condizioni mediche e che possono presentare sintomatologia simile agli altri disturbi depressivi, ma la cui eziologia e insorgenza è chiaramente legata a specifiche condizioni medico-farmacologiche o all’abuso di sostanze. DISTURBO BIPOLARE Un episodio depressivo può delinearsi come parte di un disturbo dell’umore bipolare. Per questo è fondamentale sempre rivolgersi a specialisti in materia di psicopatologia e psichiatria per avere una accurata indagine anamnestica e diagnostica. I disturbi depressivi sono frequentemente associato ad altri disturbi psichiatrici quali l’abuso di sostanze, i disturbi d’ansia, i disturbi di personalità, etc. In taluni casi si riscontrano anche sintomi psicotici che accompagnano la depressione maggiore e gli altri disturbi depressivi. ESORDIO E DECORSO DELLA DEPRESSIONE In termini temporali i disturbi depressivi presentano un esordio collocabile a partire dall’infanzia, all’adolescenza e durante tutta l’età adulta. L’esordio della depressione può comparire in relazione a un’ “evidente” situazione scatenante (ad esempio, la perdita di una persona cara, la perdita del lavoro o difficoltà economiche, la rottura di una relazione affettiva, una malattia/invalidità fisica), ma questa non è una condizione necessaria: anzi spesso un disturbo depressivo vi palesa anche in assenza di uno specifico evento scatenante. Secondo lo studio ESEMeD (European Study of the Epidemiology of Mental Disorders) la prevalenza in Italia dei disturbi depressivi nell’arco della vita è dell’11,2% (14,9% nelle donne e 7,2% negli uomini). Sopra i 65 anni di età i disturbi depressivi (intesi nello studio come depressione maggiore e distimia) hanno una prevalenza pari al 4.5%. Altre ricerche epidemiologiche evidenziano che il 2% dei bambini e il 4% degli adolescenti ha in un anno un episodio di depressione. Nelle donne la depressione può comparire in alcune fasi della vita, quali il periodo post-partum o durante il periodo di transizione verso la menopausa. Nel momento in cui l’esordio è collocato nel peripartum, cioè durante la gravidanza o a 4 settimane dal parto, si parla di una specifico sottotipo di depressione che è chiamato appunto Depressione post-partum. Il decorso dei disturbi depressivi è estremamente variabile a seconda del quadro clinico individuale e delle comorbilità con altri disturbi psicopatologici. Ad esempio, generalmente, un episodio depressivo maggiore dura almeno sei mesi (oscillando in termini di durata tra i 3 e i 12 mesi). Nella maggior parte dei casi, si ha remissione completa, e il funzionamento dell’individuo ritorna ai livelli premorbosi. Un 5-10% di casi diviene cronico. La maggior parte dei soggetti che hanno avuto un primo episodio di Depressione Maggiore andrà però incontro a una ricomparsa del disturbo, pur essendosi ripreso dall’episodio iniziale: la Depressione Maggiore è un disturbo caratterizzato da un decorso ricorrente nella maggior parte dei soggetti. Gli episodi ricorrenti di Depressione Maggiore sono comuni e che il tasso più elevato di ricaduta si registra nei primi 6 mesi successivi alla guarigione. In generale i disturbi depressivi hanno un andamento temporale spesso ciclico e periodico; questo non significa che i disturbi depressivi siano incurabili o cronici, ma che presentano una buona probabilità di ricaduta. Pertanto è fondamentale assumere una prospettiva longitudinale nella fase di assessment, trattamento e follow-up per effettuare una diagnosi corretta e interventi di prevenzione delle ricadute. La depressione può avere importanti ripercussioni sulla vita di tutti i giorni: l’attività scolastica o lavorativa della persona può risentirne in modo significativo, soprattutto in conseguenza dei problemi di concentrazione, indecisione e di memoria che sono parte del disturbo. Questo disturbo, inoltre, porta al ritiro e all’isolamento, che col passare del tempo può condurre a problemi di tipo relazionale e sociale. Non va dimenticato che la depressione può avere conseguenze nefaste, in quanto comporta il rischio di suicidio: basti pensare che tra i criteri diagnostici dell’episodio/disturbo depressivo maggiore è contemplata la possibilità che vi siano pensieri ricorrenti di morte, nonchè l’ideazione e la pianificazione suicidaria. Seppure questo non sia una condizione necessaria alla diagnosi di qualsiasi disturbo depressivo, è sicuramente un aspetto che va sempre valutato in fase diagnostica e terapeutica. CAUSE DELLA DEPRESSIONE Le cause che portano all’insorgenza di un disturbo depressivo sono complesse. Ad oggi la letteratura scientifica riconosce un’eziopatogensesi multifattoriale in cui vi è una combinazione di fattori genetici, biologici, ambientali e psicologici, che possono costituire fattori di rischio e protettivi riguardo l’insorgenza e il mantenimento della patologia. Come nel caso del Disturbo Depressivo Maggiore, per quanto riguarda le cause biologiche si pensa che non sia possibile stabilire una relazione diretta tra la qualità dell’umore e uno specifico neurotrasmettitore; tuttavia vari studi effettuati hanno confermato che eventi stressanti, soprattutto se prolungati, sono in grado di ridurre il tasso di alcuni neurotrasmettitori come la serotonina e la noradrenalina e di iperattivare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con conseguente aumento del cortisolo nel sangue, con conseguenze nella regolazione dell’umore. Tra gli altri fattori che possono influenzare lo sviluppo di un quadro depressivo ci sono quelli ambientali-psicologici, che chiamano in causa il vissuto soggettivo di ciascuno e specifiche modalità di regolazione emotiva e di relazione con il mondo e con gli altri che apprendiamo fin dall’infanzia nel nostro contesto di vita. In particolare, sembra che alcune esperienze precoci negative possano facilitare lo sviluppo di una vulnerabilità alla depressione e sensazioni di mancanza di speranza verso il futuro. Le cause elencate, tuttavia, non costituiscono dei fattori che necessariamente provocano la depressione.Tra i fattori causali, i fattori psicologici rivestono un ruolo chiave nell’insorgenza del quadro depressivo, e cioè il modo in cui la persona interpreta gli eventi e mobilita le risorse per far fronte ad essi. COSTRUTTI PSICOPATOLOGICI DELLA DEPRESSIONE Dal punto di vista cognitivo i pazienti con le diverse tipologie di depressione presentano caratteristiche psicologiche cognitivo-emotive comuni. Prima tra tutte la tendenza alla autovalutazione negativa di sé, all’autocritica e all’autodenigrazione: la persona si sente fallita, inadeguata, di scarso valore e/o sfortunata e/o vittima di fronte agli eventi e alle difficoltà quotidiane. In secondo luogo è evidente il pessimismo: si riscontra frequentemente la tendenza a vedere se stessi, il mondo e il futuro in modo estremamente negativo; si fanno previsioni negative sul mondo e sul futuro, mantenendo l’attenzione solo sugli aspetti negativi di se e delle proprie esperienze. Vi sono specifiche modalità di pensiero e comportamenti dei pazienti con disturbi depressivi che favoriscono lo sviluppo di circoli viziosi e che, dunque, mantengono nel tempo l’umore depresso. Considerando i processi cognitivi, nei disturbi depressivi è presente la ruminazione, ovvero una modalità di pensiero ripetitiva riguardante le cause e le conseguenze del propri problemi e delle proprie difficoltà, con un focus specifico sugli eventi del passato. Gli studi hanno dimostrato che la ruminazione svolge un ruolo di primaria importanza nel mantenimento della depressione poiché impedisce di guardare al futuro e di sviluppare strategie per affrontare i problemi e le difficoltà. Un altro comportamento spesso attuato in periodi di depressione è la tendenza al ritiro, alla riduzione o all’evitamento dei contatti sociali, delle normali attività quotidiane e dei compiti. Si ha un calo importante della motivazione e un aumento della passività, in cui prevale l’idea di non essere capaci. Alcune persone depresse, ad esempio, sperimentando molta fatica nell’affrontare le incombenze quotidiane, iniziano a rimandarle e a sentirsi maggiormente incapaci e fallite. Questa tendenza all’evitamento/isolamento contribuisce a mantenere l’umore depresso, non permettendo alla persona di sperimentare brevi stati mentali positivi né di vivere esperienze piacevoli e gratificanti. Come nel caso del disturbo bipolare è stato rilevato che nel complesso modello di malattia della depressione giocano un ruolo importante anche gli aspetti metacognitivi interpersonali, caratterizzati da difficoltà nel riconoscere le emozioni altrui o regolare le proprie, così come alterazioni delle funzioni neuropsicologiche, come disfunzioni dell’attenzione, della memoria, della capacità di pianificare, di avere flessibilità cognitiva e di astrazione. TRATTAMENTO E CURA DELLA DEPRESSIONE I disturbi depressivi possono essere efficacemente curati attraverso un approccio psicoterapico e/o farmacologico. In Italia solo il 29% dei soggetti affetti da depressione maggiore chiede aiuto per la depressione e ricorre a un trattamento nello stesso anno in cui insorge (Wang et al., 2007). La depressione non riconosciuta e/o non trattata può portare la persona che ne è affetta a gravi conseguenze, tra cui l’inefficienza lavorativa, l’apatia, l’appiattimento affettivo-relazionale, l’isolamento e in generale il peggioramento significativo di tutta la sintomatologia. È quindi fondamentale essere consapevoli e riconoscerne i sintomi dei disturbi depressivi e rivolgersi a uno psicoterapeuta o a uno psichiatra per evitare la cronicizzazione e le conseguenze più gravi della malattia. Dagli studi scientifici emerge che attualmente le cure per la depressione più efficaci sono il trattamento farmacologico abbinato alla psicoterapia cognitivo-comportamentale. L’integrazione tra il trattamento farmacologico e la psicoterapia cognitivo-comportamentale viene valutato dal clinico specialista a seconda del quadro clinico generale, della tipologia di disturbo depressivo e della sua gravità.Vi casi trattabili esclusivamente attraverso la psicoterapia, altri attraverso un approccio combinato in cui risulta fondamentale anche l’intervento farmacologico. Il trattamento farmacologico della depressione si rivela cruciale soprattutto nei casi in cui il disturbo si presenti in forma medio-grave. I farmaci antidepressivi di nuova generazione agiscono mediante l’inibizione della ricaptazione della serotonina e la loro azione comincia in genere 2-3 settimane dopo l’inizio della cura. In alcuni casi possono presentarsi degli effetti collaterali, alcuni dei quali possono diminuire nel corso del trattamento. Secondo le linee guida NICE (National Institute for Health and Clinical Excelence, 2011) la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale e la terapia interpersonale sarebbero i trattamenti efficaci ed elettivi per i disturbi depressivi. Secondo l’approccio cognitivo-comportamentale, i pensieri e le convinzioni negative su di sé, sul mondo e sul futuro hanno un ruolo chiave nell’esordio e nel mantenimento della depressione. Nella cura di questo disturbo, dunque, la terapia cognitivo-comportamentale si focalizza soprattutto sui modi in cui il soggetto interpreta gli eventi che accadono, vi reagisce e valuta se stesso. Il terapeuta cognitivista si propone di aiutare il paziente a identificare e modificare i pensieri e le convinzioni negative che ha su se stesso, sul mondo e sul futuro, ricorrendo a specifiche tecniche cognitivo-comportamentali. Il cambiamento nel modo di pensare porterà a una regolazione del tono dell’umore e a modificazioni dei sintomi e dei comportamenti, che a loro volta influiranno positivamente sui pensieri. Parallelamente a ciò si inserisce l’intervento terapeutico rispetto al comportamento quotidiano del paziente, attuando in maniera graduale specifici cambiamenti e procedendo in direzione inversa rispetto alla tendenza all’inattività e all’isolamento sociale indotta dal disturbo. Negli ultimi anni numerose ricerche hanno inoltre evidenziato l’efficacia della Terapia Metacognitiva, in forma individuale o di gruppo. Il modello della Terapia Metacognitiva mira a discutere le credenze che sostengono stili di pensiero maladattivi, come la ruminazione, interrompendo il circolo vizioso di mantenimento della sintomatologia depressiva. BIBLIOGRAFIA American Psychiatric Association. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta Edizione. A cura di Biondi M. Raffaello Cortina Editore, Milano 2014. http://www.dsm5.org/documents/changes%20from%20dsm-iv-tr%20to%20dsm-5.pdf https://www.nice.org.uk/Guidance/cg90 Blaney, P. H., & Millon, T. (2009). Oxford textbook of psychopathology. New York: Oxford University Press. Chicago (Author-Date, 15th ed.). Beck, A. T. (1976). Cognitive therapy and emotional disorders. New York: Meridian. Trad it. Principi di terapia cognitiva. Roma: Casa Editrice Astrolabio, 1984. Wells, A. (2008). Metacognitive Therapy for Anxiety and Depression. New York: Guilford Press. https://www.intherapy.it/

I commenti

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Non mi pare questo sia il luogo informatico adatto ad un corso di psicologia.

anonimo - 23/01/2024 03:57

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