Capannori Popolare sulla crisi industriale di Relife Recycling
Per Capannori Popolare, composta da forze politiche da sempre
impegnate sui temi del lavoro, è uno scenario visto tante volte negli
ultimi anni.
Si tratta di una "riorganizzazione" e come si sa grazie
alla "guerra al lavoro" combattuta da governi di destra e centrosinistra
negli ultimi 30 anni, dal Pacchetto Treu al Jobs Act, è possibile
licenziare a seguito di ristrutturazioni aziendali.
Quasi
azzerati gli ammortizzatori sociali le prospettive per i lavoratori sono
ben note: eventuali fabbisogni di personale nelle società appaltante e
appaltatrice (chissà con quali distanze e spese da affrontare),
appelli agli enti locali e alle loro partecipate, Naspi cioè niente. In
pratica i lavoratori devono arrangiarsi e sperare nelle occasioni
offerte dall'onnipotente dio Mercato.
Il luogo è
delicato per il territorio cioè Salanetti dove, fino al 31 dicembre,
verranno convogliati i rifiuti da lavorare e dove dovrebbe sorgere
l'impianto di riciclo di prodotti assorbenti per l’igiene della persona
per il quale la Regione ha da poco concesso 90 giorni a Retiambiente Spa
per rispondere alle perplessità degli enti. Dubbi sui quali cala questa
"riorganizzazione". Ancora una volta si risparmia sul costo del lavoro e
spesso questo si accompagna a impatti più pesanti per l'ambiente: quale
futuro si prospetta per il sito? Allo spostamento della linea del
"multimateriale leggero" ne seguiranno altri? È opportuno che lavoratori
e territori dipendano da politiche aziendali e non da politiche
condivise di sviluppo?
Politiche del lavoro,
industriali e di gestione del territorio: tutto in questa crisi chiede
visione e progettualità cioè più presenza alla politica come Capannori
Popolare sostiene. Le crisi, si sa, sono anche opportunità ma servono
reali e permanenti servizi di "pronto intervento" o "pronto dottore" che
comprendano tutte le componenti e mirino non al profitto di pochi ma al
sostegno e al benessere del territorio e dei suoi abitanti.