Festival L'Augusta: ultimo appuntamento 2024 con Gianluigi Paragone
Festival L'Augusta: ultimo ...
Fateci caso è una costante reiterata all'infinito.
A richiesta loro (chi è pure pagato profumatamente) 'rispondno' come dischi rotti!
Per (non) risolvere problemi immediati, da dover risolvere domattina, di qualsiasi natura essi siano, a domanda iniziano a rispondere con proporre programmi 'cinquantennali', nel senso che se ci sarà soluzione sarà, forse, tra cinquant'anni, se va bene.
E per domattina?
Imperterrite inattaccabili facce di bronzo!
Che poi, cadendo dalle nuvole, si lamentano perchè le persone SCAPPANO!!!!!!
E voi continuate anche a votarli!
Che commedia! Che commedia!
Infermieritalia.com
aggredisce violentemente operatori e vigilanza
Notizie Varie
Lucca: aggredisce violentemente operatori e vigilanza
Aprile 2, 2024
Un episodio di aggressione al personale sanitario davvero brutale quello avvenuto all’Ospedale San Luca di Lucca, nell’Unità Operativa di SPDC nella giornata di ieri, 1 Aprile 2024. Episodio per il quale riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa che segue.
Secondo la testimonianza ricevuta: “il giovane paziente che ha dato in escandescenze appena ricoverato, ha destato clamore e paura aggredendo una guardia giurata chiamata in soccorso agli operatori, la quale è stata buttata in terra e bloccata dal paziente in una ghigliottina al collo con le gambe attorniate alla testa.
Questo paziente pare sia esperto di arti marziali ed ha aggredito la Guardia giurata in servizio al San luca intervenuta per lo stato aggressivo del giovane. Purtroppo sono dovuti intervenire oltre al personale sanitario presente anche una pattuglia di carabinieri che a loro volta hanno immobilizzato il paziente e chiamato i rinforzi per la forza fisica e l’abilità atletica del ricoverato.
La guardia giurata si è recata in Pronto Soccorso per essere refertato, avendo pure rischiato il soffocamento per asfissia.Tutto ciò è accaduto nell’orario di visita dei parenti che sono stati fatti uscire in fretta e furia. Solo l’intervento di una sedazione profonda da parte del rianimatore ha scongiurato la peggio agli operatori presenti.
Pare davvero che la sicurezza in questo reparto, che ha avuto precedenti simili negli anni passati sia davvero a rischio”.
Speriamo che le Istituzioni riescano finalmente a prendere le dovute misure nei confronti di questi soggetti. Già dai prossimi giorni ci saranno novità in quanto si potrà procedere d’ufficio per lesioni personali ai professionisti sanitari sia che si tratti di lesioni lievi sia gravi o gravissime, indipendentemente quindi dalla volontà della vittima di sporgere querela.
Covid, solo due nuovi casi in una settimana in provincia di Lucca
A oggi sono ricoverate in ospedale 21 persone, una sola in terapia intensiva
06 Marzo 2024
Picco del Covid negli ultimi sette giorni in Toscana, con 2.481 nuovi casi e 33 morti secondo il report settimanale della Regione.
Le ultime vittime sono state 12 nell'area di Firenze, 4 in quelle di Pistoia e Pisa, 3 a Lucca, 2 a Livorno, Arezzo e Siena, 1 a Massa Carrara, 3 non residenti in Toscana.
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Lo stress morale negli infermieri: la piaga degli operatori sanitari di oggi
di Marina Vanzetta
12 MAG - Gentile Direttore,
lo stress morale tra gli infermieri è un fenomeno con un trend in crescita costante. Più accentuato negli ospedali che nel territorio, è una sensazione dolorosa e/o squilibrio psicologico che si manifesta quando i professionisti sono consci dell’azione morale più appropriata alla situazione, ma non possono effettuarla a causa di ostacoli istituzionali, quali la mancanza di tempo, per limiti dovuti a politiche istituzionali e limiti legali.
In una recente intervista rilasciata a “L’Infermiere Online” il Prof. Duilio F. Manara, studioso del fenomeno, ha concretizzato alcune situazioni che generano stress morale:
In ospedale, i medici non comunicano la prognosi ad una giovane donna che sta morendo di cancro, ma sospendono i trattamenti. E la paziente inizia a chiedere agli infermieri come mai non le fanno più la solita terapia.
I parenti pretendono di continuare le cure a oltranza mentre il paziente chiede all’infermiera di essere lasciato morire senza soffrire ulteriormente.
Uno studente è obbligato dal suo assistente di tirocinio a non assistere un paziente in lacrime perché “ci sono altre priorità” in reparto.
L’infermiere sa che quel malato avrebbe bisogno di più tempo, ma non riesce a dedicarglielo perché ci sono altri che aspettano.
In letteratura lo stress morale viene definito “la piaga che colpisce gli operatori sanitari di oggi” ed è associato a fenomeni di esaurimento nervoso, energetico ed emotivo (il cosiddetto burnout). Sul lungo termine, tali fenomeni possono compromettere la salute di assistenti e assistiti; la cooperazione con i colleghi; la stabilità nella vita privata; la sicurezza dell’organizzazione per cui lavorano e la sostenibilità del sistema di welfare complessivo, considerati i costi degli errori professionali, della riabilitazione di pazienti e operatori, della tempestiva sostituzione degli operatori stessi.
Una piaga che, come spiega Manara, si può però misurare con strumenti già presenti in letteratura e prevenire con strategie educative interdisciplinari e strategie che contemplino il dialogo strutturato con il coordinatore, con i medici, con i familiari, con i colleghi, il supporto psicologico ma anche con interventi concreti e adeguati sulle dotazioni organiche. Un dolore e un disagio, quello dei professionisti, che non vanno sottaciuti ma vanno superficializzati e gestiti perché i riflessi prodotti si espandono incontrollati a macchia d’olio lasciando effetti su tutti i sistemi socio-sanitari e su chi questi sistemi li “abita” come fruitore o come professionista.
Marina Vanzetta
L’Infermiere Online
Che hanno? hano 'l Covi?!?! Smettetela con i tamponi e vedrete che non l'avranno più!
anonimo - 08/05/2023 00:12Ho dovuto rileggere il tuo post per essere sicuro di non averlo scritto io. Condivido ogni parola, dalla prima all'ultima, coltivo la fiducia che lo capiranno prima o poi.
anonimo - 07/05/2023 16:30Umanità difettosa, non può che estinguersi, non adesso, ma in futuro quando arriverà roba peggiore del covid.
Intorno a me non si vaccina più nessuno, anche se il virus continua a girare. Io, consapevole, sono alla quinta dose.
Poi non parliamo di mascherine!
L'importante è il business, i quattrini vi porteranno giù nella fossa, come l'eroina.
Fortuna è che almeno un'entità onesta e rigorosa esiste, anzi due.
Il signor Tempo e la signora Natura.
Rai tre
https://www.rainews.it/tgr/toscana/video/2023/05/lucca-aggressione-infermiere-c3fe1fad-39ff-4ab4-892e-c5173b68a608.html
Perfino i medici se si sentono male fanno di tutto per non andare al san luca.
Anonimo - 22/12/2022 23:12Basterebbe togliere questa stupida regola che vieta a chi è malato di covid di lavorare. Il covid ad oggi (per me sempre, solo che non ne sapevamo molto, ma facciamo finta che ho torto circa il passato, ma il presente è come dico io) non è più letale di una comune influenza: se un medico e infermiere con la febbre possono lavorare (sempre che possano, non lo so, mai fatto uso del SSN in vita mia), allora devono poter lavorare anche col covid.
In caso contrario voglio proprio vedere cosa accadrà. Chiedo perdono se qualcuno si offende del fatto che ci sto godendo come una Pasqua, ma non vedevo l'ora che arrivassimo a questo. Lavori come l'Infermiere (ancora più del Medico) non dovrebbero andare oltre le 30 ore settimanali MAI, con almeno due giorni di pausa a settimana (possibilmente consecutivi) e non dovrebbero guadagnare MAI meno di 2500-3000 euro netti al mese, straordinari di qualunque tipo ESCLUSI, e andare in pensione dopo 30 anni massimo di attività.
Non sono capricci, è che non possono reggere di più. E daranno presto tutti le dimissioni. A quel punto il Governo inizierà a capire che forse ad un imprenditore che guadagna due milioni di euro il mese può bastarne uno solo, di milioni al mese, e tassando lui (che non serve certamente al popolo o allo Stato quanto gli infermieri che pagheremmo con quei soldi) si potrebbe assumere un centinaio di infermieri e medici a condizioni umane e dignitose della loro professione.
Il SSN in Italia ha delle pecche terribili, era inevitabile che prima o poi esplodesse.
7 dicembre 2022 - Un mese (almeno) in cui non c’è pace al pronto soccorso del San Luca. C’è l’influenza, giunta in anticipo rispetto alla stagione, a peggiorare le cose. C’è la “sovrapposizione“ con il Covid. E ci sono anche eventi di natura traumatologica che sono aumentati, in particolare nell’ultimo mese e mezzo e a carico di persone anziane. Si rischia il tilt.
L’azienda sanitaria “conferma la situazione di sovraffollamento, da circa un mese, con numeri crescenti“. Tanti casi di influenza, anche se meno tra gli adulti, più tra i bambini. Casi di Covid in aumento dal punto di vista numerico, per fortuna senza che vi sia una recrudescenza particolare del virus. “Da evidenziare quindi – visto anche l’organico non completo – il grande sforzo del personale di Pronto Soccorso - così l’Asl - che con dedizione e professionalità, riesce a far fronte a tutti questi accessi e si impegna per fornire (tra mille difficoltà) adeguata assistenza alle persone“.
I numeri li snocciola senza alcuna difficoltà Alessandro Di Vito, consigliere comunale (Fi) delegato alla sanità: “Nel tempo il personale a tempo indeterminato nel Pronto Soccorso del San Luca si è ridotto da 18 unità a 9. Con gli specializzandi in itinere il prossimo anno - dice - potremo arrivare a 11, e non saranno sufficienti. Ci sono criticità e carenze su cui è irrimandabile mettere mano, e lo faremo nella prossima conferenza dei sindaci. Mancano letti di ricovero, anche per i non acuti che invece potrebbero trovare spazi al Campo di Marte. La medicina territoriale dovrebbe essere liberata dal carico di burocrazia e supportata anche con l’affiancamento degli infermieri di famiglia. Ci sono opportunità offerte dal Pnrr, anche in ordine alla creazione di gruppi associativi, che è importante cogliere. Abbiamo idee, progetti, ora servono passi concreti“.
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Nel frattempo almeno due medici del pronto soccorso del San Luca hanno rassegnato le dimissioni. E non è finita. “Ci giunge notizia che anche il radiologo se ne sta andando e sarebbe il quinto dall’inizio dell’anno – fa sapere Di Vito –. Si tratta di eccellenze, professionisti che hanno alle spalle anni di esperienza e che sono fondamentali nella diagnostica di un ospedale. Eppure scelgono altre strade o almeno altre opportunità perché le condizioni di lavoro sono invivibili“. E da noi, fa sapere l’Asl, ancora non è sbarcato il fenomeno dei “medici a gettone“, ovvero dei camici bianchi via via reclutati attraverso le cooperative a costi anche triplicati. Per i sindacati non c’è via d’uscita: servono assunzioni e investimenti su sanità e salute.
Siamo infermieri, siamo professionisti, non siamo angeli chiamati dal Signore e non abbiamo ricevuto nessuna vocazione. Siamo infermieri perché abbiamo scelto questo lavoro. Siamo professionisti con una laurea e anni di studio alle spalle, non mi interessa che mi venga detto che io sia bella. Mi interessa che mi venga detto che io sia preparata e professionale. Non siamo angeli o eroi. Svolgiamo il nostro lavoro quotidianamente come tutti su questa terra, con passione per quello che facciamo, come tutti, ma non per vocazione spirituale. Nella vita qualcuno sceglie di essere architetto, qualcuno informatico, qualcuno camionista. Io ho scelto di essere infermiere senza aver ricevuto chiamata alcuna ma semplicemente studiando.
Siamo infermieri e per questo ci siamo
Una volta un paziente mi fatto una richiesta e la sua frase finì così: ”Signorina per favore, lei è così bella”. Punto primo non sono una signorina, sono una professionista nonché Dott.ssa in Infermieristica, punto secondo, se la richiesta che mi ha fatto ha una reale necessità assistenziale infermieristica, metto in atto la mia professionalità e le mie competenze altrimenti che io sia bella o meno, non cambia.
Siamo professionisti non angeli. Siamo lavoratori ai quali nonostante mal di pancia o mal di testa viene richiesto di essere servizievoli, delicati, sorridenti e sempre a disposizione anche per ciò che non ci compete. Siamo infermieri e non angeli al servizio di qualsiasi richiesta venga fatta.
Siamo infermieri e per questo ci siamo quando è richiesta una competenza infermieristica. Non ci siamo quando i pazienti ci chiedono di posizionare l’acqua sull’angolo in basso a destra del comodino che deve essere perfettamente posizionato a sinistra del letto formando un angolo di 95°.
Ci siamo quando in preda al dolore i pazienti hanno bisogno di un farmaco o di conforto. Non ci siamo quando se la prendono con noi perché il cibo non viene da un ristorante stellato.
Ci siamo quando i parenti ci guardano con occhi pieni di lacrime a causa di un decesso. Non ci siamo nelle richieste assurde di sistemare il letto: un po’ su, no un po’ più giù, no aspetta era meglio prima, no così troppo, ancora un po’ su, ora un pochino giù.
Ci siamo quando i pazienti non capiscono che cosa sta accadendo e li aiutiamo a comprendere. Non ci siamo nelle lamentele sul sistema sanitario che funziona a rilento.
Ci siamo quando un bambino in ospedale ha bisogno di giocare, perché anche quella è terapia. Non ci siamo quando i pazienti pensano che siamo degli inservienti e ci chiedono di pulire.
Ci siamo quando nel cuore della notte i pazienti pigiano quel pulsantino rosso che ci fa correre da loro. Non ci siamo quando quel pulsantino rosso viene premuto continuamente per lamentarsi del letto scomodo.
Ci siamo quando le preoccupazioni dei pazienti hanno bisogno di essere ascoltate. Non ci siamo quando i parenti alzano la voce con noi pretendendo che facciamo quello che vogliono loro in barba alle regole.
Ci siamo quando i pazienti hanno paura e ci stringono forte forte la mano. Non ci siamo quando in pronto soccorso qualcuno pretende arrabbiandosi di passare davanti agli altri pensando di avere la precedenza su tutto.
Ci siamo in ogni piccolo gesto che copiamo ricco di responsabilità e competenze. Ci siamo. Ci siamo quando è necessaria una competenza infermieristica. Ci siamo come lavoratori e come professionisti.
Non siamo angeli, siamo infermieri.
Articolo a cura di Frigerio Ilaria, Infermiera
https://www.nurse24.it/infermiere/testimonianze-infermieri/siamo-infermieri-non-angeli.html
Lucca, 13 agosto 2022 - SOS pronto soccorso. Suona come una contraddizione in termini, ma non lo è. I sindacati Cgil Cisl e Uil Funzione pubblica lanciano lo stato di agitazione, giovedì prossimo saranno dal prefetto di Pisa per avviare le procedure di raffreddamento. Il presidente dell’Ordine dei Medici, Umberto Quiriconi, ha consegnato nelle mani del Prefetto di Lucca, Francesco Esposito, il report completo della situazione occupazionale e, quindi, delle gravi carenze.
Dal canto loro gli utenti confermano lo stato dell’arte. Il signor Alessandro Nutini ci scrive non senza mettere in premessa l’iscrizione che il Sommo Poeta trova innanzi all’entrata verso gli inferi nella sua Divina Commedia. “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate, in linea di massima, dovrebbe essere l’avvertimento che precede l’ingresso al pronto soccorso dell’ospedale San Luca. Per circa cinque ore – segnala il signor Nutini sono stato testimone dello stato di malasanità in cui versa il nostro ospedale“.
E inizia il suo racconto: “Alle quattro della mattina di mercoledì 10 agosto, mia cognata accusa problemi cardiaci e viene chiamata un’ambulanza che, dopo pochi minuti il prelevamento, è davanti al pronto soccorso del San Luca. La ragazza si trova, pertanto, in una barella dentro le stanze della struttura ospedaliera nel primo mattino di una giornata infernale. A questo punto termina la logica e inizia la follia. Senza entrare nei particolari, scrivo solo che questa paziente non è stata mai presa in carico da un medico dato che alle 5 del pomeriggio del medesimo giorno, ossia dopo 13 ore, non si avevano notizie. Così mia cognata ha deciso di andarsene da quel girone dantesco“. Il signor Nutini tratteggia anche la situazione circostante, con un signore che un paziente che esce per prendersi un caffè, con catetere e sacchetto dell’urina “fieramente“ in mano e un ragazzo con caviglia gonfia da frattura lasciato 5 ore sulla sedia a rotelle.
Finale purtroppo prevedibile: pagando si risolve tutto e subito. “Mia cognata è stata fortunata: un evento patologico cardiaco temporaneo che non ha comportato conseguenze spiacevoli ma verso il quale, comunque, occorre porre attenzione con opportuni esami diagnostici segnati dopo una visita cardiologica effettuata “intramoenia” nello stesso ospedale il giorno dopo: ovviamente, quando ulteriormente si paga rispetto le già salate tasse, si ha anche celerità, un buon servizio ed un’ottima competenza“. Conclusione: “la situazione è molto grave ed è preludio al caos“.
L.S.
Fossi in voi inizierei subito ad organizzare un ratto dei sanitari con voli Cina-Italia.
Ma se continuano a tagliare, che fra poco i lenzuoli e le bottiglie dell'acqua ve li dovrete portà da casa!
Vedrete dopo il 25 settembre!
Con questi sarà uno vero spasso spasso!
Vi daranno il flat bed, una tavola.
Spero di morì prima.
Medico di base e infermieri dovranno essere reperibili 7 giorni su 7. Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, lascia un provvedimento che rivoluziona il Sistema Sanitario Italiano ed è stato pubblicato sul numero 144 della Gazzetta Ufficiale lo scorso Luglio.
SkyTG24 riporta tutti i dettagli: diventa legge quindi il documento che chiede a tutte le Regioni di dotarsi di un'organizzazione territoriale, entro gennaio 2023, di strutture ambulatoriali, ciascuna con 30-35 medici di medicina generale, pediatri e tra 7 e 11 infermieri, con reperibilità 24/7.
È prevista pure la disponibilità di psicologi, ostetrici, assistenti sociali e tecnici della riabilitazione, ma non risulta obbligatorio: spetterà a ogni Regione scegliere se ci saranno queste figure.
Questo Decreto Ministeriale introduce misure che prevedono ogni tipo di intervento di assistenza sanitaria, in qualsiasi momento, al fine che il cittadino non debba recarsi in un grande ospedale e intasarlo di richieste con piccole patologie risolvibili diversamente.
Il Governo, tramite questa scelta rivoluzionaria, intende fornire una rete di servizi territoriali ai cittadini, con elevati standard sanitari in rapporto alla popolazione, e maggior efficienza nel caso di malanni di bassa gravità oppure cronici, lasciando le vere emergenze ai pronto soccorso.
Ospedale Versilia. Infermieri costretti a fare i ‘nottini’. Personale allo stremo
NurSind dal territorioToscana
La denuncia di Costagli: “Ore di attesa per il pronto soccorso e ambulanze in coda. Si rischia la fuga dei sanitari e un’assistenza non adeguata ai bisogni dei pazienti”
Lucca, 9 agosto 2022 . Tanti disagi, in questi giorni, all’ospedale Versilia, che affronta l’ennesimo periodo di difficoltà ed emergenza organizzativa. Paola Costagli, rappresentante Nursind dell’ospedale della Versilia, parla di continui rientri per il personale sanitario, riposi saltati, turni di 12 ore.
E ancora, l’attivazione dei cosiddetti “nottini” (turni notturni aggiuntivi di sei ore) non solo nei reparti “storici” per tale attività (come il pronto soccorso, la radiologia e la sala gessi), ma allargati anche al pronto soccorso pediatrico e le forti difficoltà dei reparti di degenza medica, dove il rapporto tra infermiere e assistititi è arrivato a 1 per 12/14 pazienti.
“Il pronto soccorso – spiegano dal sindacato delle professioni infermieristiche – è allo stremo. Sembra una campo di battaglia pronto ad affrontare tutti i giorni la stessa guerra: ore di attesa per accedere alle cure di pronto soccorso, ambulanze in coda davanti all’ingresso, giorni per avere un letto nelle degenze di medicina. Tutti i reparti hanno turni che sembrano campi minati e le attività territoriali e domiciliari sono sempre più in affanno. Problemi importanti si registrano anche nelle sale operatorie e nel day-surgery dove gli interventi chirurgici di elezione registrano un costante ritardo nella programmazione e sono in crisi anche i settori che si occupano della prevenzione, con appuntamenti al CUP che hanno tempi lunghissimi.
“A questo punto – spiega Costagli – siamo molto dispiaciuti nel constatare che non esistono più reparti e servizi privi di carenze organiche. Il Covid, ovviamente contribuisce a complicare le cose: nelle ‘bolle’, presenti nella quasi totalità dei reparti, non esiste personale dedicato come invece prevederebbe la delibera regionale. Non va certo meglio nel reparto ‘trauma Covid’, dove afferiscono tutti i pazienti positivi delle medicine e della chirurgia generale e specialistica (ortopedia, urologia, ginecologia ecc.), che è aperta da un anno.
Gli infermieri e Oss delle chirurgie generali e specialistiche si avvicendano per darsi il cambio, con il consueto ma irrinunciabile corredo di tute e dispositivi di protezione individuale, per i quali viene fatta raccomandazione da parte dell’azienda di farne un uso attento e contenuto. Di fatto, tengono aperto un reparto di malattie infettive senza percepirne neppure l’indennità. E la situazione è così pesante che molti di coloro che vi lavorano pensano di chiedere il trasferimento. Addirittura c’è che pensa al licenziamento. Molti lo hanno già fatto”.
Tutto il personale sanitario, spiega il Nursind, accusa stanchezza, insonnia, ansia e disturbi che possono portare a un calo dell’attenzione, pericoloso per sé e per gli altri quando si tratta di assistenza alla persona. Da parte sua l’Azienda sanitaria non fa che ribadire che deve attenersi alla previsione di spesa del 2019. Peccato che in questi tre anni il mondo, sanitario e non solo, sia cambiato. Addirittura questa estate non è stato inviato neppure il personale di supporto estivo per la gestione dell’ospedale di una una delle zone più turistiche della Toscana.
“La situazione attuale – conclude il sindacato delle professioni infermieristiche – è peggiore rispetto al periodo pre-covid e il personale sanitario viene lasciato sempre più solo. Chiediamo un cambio di tendenza, che parta dal significato che vogliamo dare al concetto di sanità pubblica e arrivi alla giusta considerazione dei professionisti sanitari che tutti i giorni si impegnano a fornire cure e assistenza. I vertici politici e la direzione dell’Azienda si mantengono ciechi e sordi alle richieste di aiuto e di nuove risorse da parte dei professionisti sanitari addetti all’assistenza. Così non si può andare avanti: rischiamo di non poter garantire dei servizi appropriati alla collettività locale, soprattutto ora che la Versilia è affollata di turisti. Il vero problema è che le persone costrette a servirsi delle nostre strutture sanitarie sono a rischio di una mancata risposta clinico-assistenziale adeguata”.
Sito internet della rivista trimestrale del sindacato infermieristico NURSIND
Infermieristicamente.it
L’episodio di violenza si è verificato al Pronto soccorso dell’ospedale Versilia. Frattura del naso per uno dei sanitari e lesioni a una gamba per l’altro.
Due infermieri dell’ospedale Versilia a Lido di Camaiore hanno riportato lesioni giudicate guaribili in 30 e 25 giorni a seguito dell’aggressione subita da un turista tedesco di 59 anni. In Pronto soccorso l’uomo, secondo quanto spiega l’Azienda sanitaria Toscana Nord Ovest, avrebbe colpito al volto con un pugno uno dei sanitari, provocandogli la frattura del naso, e sbattuto contro un muro l’altro, con conseguenti lesioni a una gamba.
Il turista, si legge nella nota dell’Asl, “era entrato nell’edificio dalla camera calda, cercando la figlia e la moglie, che si trovavano invece nella sede del Pronto soccorso pediatrico. Mentre si dirigeva, senza mascherina, verso l’area Covid, gli operatori hanno cercato di trattenerlo, ma l’uomo era molto agitato e ha reagito in maniera violenta”.
Per calmarlo sono intervenute le guardie della vigilanza privata, quindi i carabinieri del radiomobile, che lo hanno definitivamente bloccato. In seguito l’uomo è stato denunciato per i reati di lesione personale, violenza a un incaricato di pubblico servizio e interruzione di pubblico servizio. Sempre dall’Asl si apprende che l’aggressione sarebbe avvenuta “mentre nel reparto vi erano globalmente altri 50 assistiti in corso di cure, anche loro spaventati per la situazione che si è venuta a creare”.
“E’ stata una notte infernale – ha commentato Giuseppe Pepe, direttore del Pronto soccorso –. Non è ammissibile che il nostro personale, impegnato giorno e notte con grande spirito di abnegazione nella cura e nell’assistenza dei numerosi pazienti che affollano la nostra struttura, debba subire un simile trattamento. Tutto il nostro personale è emotivamente scosso per questo grave episodio di violenza, anche perché purtroppo stiamo assistendo a un’escalation di aggressioni nei confronti del personale sanitario”.
Redazione Nurse Times
Ospedale Versilia, personale allo stremo. Nursind: "Il pronto soccorso è un campo di battaglia"
Tanti disagi, in questi giorni, all’ospedale Versilia, che affronta l’ennesimo periodo di difficoltà ed emergenza organizzativa. Paola Costagli, rappresentante Nursind dell’ospedale della Versilia, parla di continui rientri per il personale sanitario, riposi saltati, turni di 12 ore.
E ancora, l’attivazione dei cosiddetti “nottini” (turni notturni aggiuntivi di sei ore) non solo nei reparti “storici” per tale attività (come il pronto soccorso, la radiologia e la sala gessi), ma allargati anche al pronto soccorso pediatrico e le forti difficoltà dei reparti di degenza medica, dove il rapporto tra infermiere e assistititi è arrivato a 1 per 12/14 pazienti.
“Il pronto soccorso – spiegano dal sindacato delle professioni infermieristiche – è allo stremo. Sembra un campo di battaglia pronto ad affrontare tutti i giorni la stessa guerra: ore di attesa per accedere alle cure di pronto soccorso, ambulanze in coda davanti all’ingresso, giorni per avere un letto nelle degenze di medicina. Tutti i reparti hanno turni che sembrano campi minati e le attività territoriali e domiciliari sono sempre più in affanno. Problemi importanti si registrano anche nelle sale operatorie e nel day-surgery dove gli interventi chirurgici di elezione registrano un costante ritardo nella programmazione e sono in crisi anche i settori che si occupano della prevenzione, con appuntamenti al Cup che hanno tempi lunghissimi”.
“A questo punto – spiega Costagli – siamo molto dispiaciuti nel constatare che non esistono più reparti e servizi privi di carenze organiche. Il Covid, ovviamente contribuisce a complicare le cose: nelle ‘bolle’, presenti nella quasi totalità dei reparti, non esiste personale dedicato come invece prevederebbe la delibera regionale. Non va certo meglio nel reparto ‘trauma Covid’, dove afferiscono tutti i pazienti positivi delle medicine e delle chirurgia generale e specialistica (ortopedia, urologia, ginecologia ecc.), che è aperta da un anno. Gli infermieri e Oss delle chirurgie generali e specialistiche si avvicendano per darsi il cambio, con il consueto ma irrinunciabile corredo di tute e dispositivi di protezione individuale, per i quali viene fatta raccomandazione da parte dell’azienda di farne un uso attento e contenuto. Di fatto, tengono aperto un reparto di malattie infettive senza percepirne neppure l’indennità. E la situazione è così pesante che molti di coloro che vi lavorano pensano di chiedere il trasferimento. Addirittura c’è che pensa al licenziamento. Molti lo hanno già fatto”.
Tutto il personale sanitario, spiega il Nursind, “accusa stanchezza, insonnia, ansia e disturbi che possono portare a un calo dell’attenzione, pericoloso per sé e per gli altri quando si tratta di assistenza alla persona. Da parte sua l’Azienda sanitaria non fa che ribadire che deve attenersi alla previsione di spesa del 2019. Peccato che in questi tre anni il mondo, sanitario e non solo, sia cambiato. Addirittura questa estate non è stato inviato neppure il personale di supporto estivo per la gestione dell’ospedale di una una delle zone più turistiche della Toscana”.
“La situazione attuale – conclude il sindacato delle professioni infermieristiche – è peggiore rispetto al periodo pre-covid e il personale sanitario viene lasciato sempre più solo. Chiediamo un cambio di tendenza, che parta dal significato che vogliamo dare al concetto di sanità pubblica e arrivi alla giusta considerazione dei professionisti sanitari che tutti i giorni si impegnano a fornire cure e assistenza. I vertici politici e la direzione dell’Azienda si mantengono ciechi e sordi alle richieste di aiuto e di nuove risorse da parte dei professionisti sanitari addetti all’assistenza. Così non si può andare avanti: rischiamo di non poter garantire dei servizi appropriati alla collettività locale, soprattutto ora che la Versilia è affollata di turisti. Il vero problema è che le persone costrette a servirsi delle nostre strutture sanitarie sono a rischio di una mancata risposta clinico-assistenziale adeguata”.
Toscana, infermiere aggredite nelle case circondariali
Pubblicato il 27.07.22 di Massimo Canorro Aggiornato il 26.07.22
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A seguito di alcuni episodi di violenza avvenuti anche al carcere “Le Sughere” di Livorno, i sindacati chiedono maggior sicurezza per le operatrici sanitarie. A Firenze presso la casa circondariale di Solliciano, il principale istituto di detenzione della città, un’infermiera è stata palpeggiata nelle parti intime da un detenuto. Dura la presa di posizione del Nursind: Se mancano le condizioni di sicurezza, l’Azienda sanitaria ritiri gli infermieri e i medici dalle carceri.
Infermiere aggredite dai detenuti, l'allarme del sindacato NurSind
Non solo infermiere spiate sotto la doccia, ma anche aggredite verbalmente e/o fisicamente. E proprio il Nursind che ha più volte denunciato – e chiesto un pronto intervento – qualsivoglia violenza contro i sanitari, torna sull’annoso tema lanciando un forte grido d’allarme su quanto sta avvenendo all’interno di alcune case circondariali della Toscana. Ancora di più nello specifico: a Livorno, Firenze e Pisa. Una situazione non più sopportabile che si è fatta particolarmente complicata – fa presente il sindacato – per via di episodi di violenza dei quali sono rimasti vittime alcuni sanitari. Soltanto nell’ultimo periodo, come spiega la segretaria territoriale di Nursind Livorno, Roberta Sassu, si è verificato più di un caso.
La settimana scorsa – racconta – sono stata minacciata da un detenuto nel corso del giro della terapia. Poche ore prima, una dottoressa aveva rischiato di essere picchiata. Nei giorni ancora precedenti, invece, erano stati presi di mira verbalmente infermieri e medici, mentre il 7 luglio ho subito un’aggressione fisica: stavo somministrando la terapia quando un detenuto mi ha afferrato la mano e mi ha sbattuto sulla porta di ferro della cella. Fortunatamente sono riuscita a sottrarmi alla presa, giusto in tempo per schivare uno schiaffo.
Da Livorno a Firenze, dove nei giorni scorsi all’interno del carcere di Sollicciano si è registrato un atto di violenza sessuale nei confronti di un’infermiera. Un detenuto, privo della scorta del personale di custodia, ha chiesto di poter accedere all’infermeria poiché non si sentiva bene. Una volta aperta la porta, ha cercato di sopraffare la professionista sanitaria, palpandola nelle parti intime. Solamente grazie all’intervento di un agente della polizia penitenziaria e all’ausilio di un altro detenuto l’infermiera è stata liberata (poi visitata al Pronto soccorso, ha ricevuto un referto di oltre cinque giorni di prognosi).
Difficoltà anche a Pisa, in questo caso legate in particolar modo alla percezione di insicurezza dei sanitari provocata dalla carenza di personale della polizia penitenziaria all’interno della casa circondariale Don Bosco (nelle carceri italiane, è bene ribadirlo, mancano anche gli Oss). Tornando a Livorno, Sassu precisa: Nella struttura ci sono da undici a tredici agenti penitenziari per trecento detenuti: un numero insufficiente che non è in grado di assicurare la sicurezza neppure del personale sanitario. E allora, se la situazione non è tranquilla, è bene che l’Asl Toscana Nord Ovest ritiri infermieri e medici dalle carceri. Oppure dobbiamo aspettare che qualcuno di noi si faccia male sul serio?
nfermieri, Ostetriche, OSS e Professioni Sanitarie scelgono Centro-Destra e M5S alle Politiche del 2022. Bocciato Speranza.
Infermieri, Ostetriche, OSS e Professioni Sanitarie scelgono Centro-Destra e M5S alle Politiche del 2022. Bocciato il Ministro della Salute Roberto Speranza, definito “inconcludente”.
https://www.assocarenews.it/infermieri/infermieri-ostetriche-oss-e-professioni-sanitarie-scelgono-centro-destra-e-m5s-alle-politiche-del-2022-bocciato-speranza
Da una indagine condotta dall’associazione infermieristica AssoCareInformazione.it sono emersi dati chiaramente indicativi sulla volontà dei professionisti sanitari e socio sanitari di bocciare l’uscente Governo Draghi e il Centro-Sinistra. Anzi Infermieri, Infermieri Pediatrici, Ostetriche, OSS e Professioni Sanitarie preferiscono decisamente sostenere il Centro-Destra e il Movimento 5 Stelle.
1000 operatori interessati dal sondaggio.
E’ quanto emerso da un sondaggio condotto on line condotto da AssoCareInformazione.it. Intervistati mediante modulo Google ben 1000 professionisti della salute. Nello specifico:
300 Infermieri;
50 Infermieri Pediatrici;
50 Ostetriche;
300 Professioni Sanitarie di altre discipline;
300 Operatori Socio Sanitari.
Su 1000 hanno preferito non rispondere alle nostre domande in 12. Le percentuali qui in basso sono state arrotondate per eccesso o per difetto. L’indagine è stata condotta dal 20 luglio 2022 al 2 agosto 2022.
Ecco la sintesi di cosa è emerso dal sondaggio.
Chi voterai il 25 settembre 2022?
Fratelli d’Italia = 21%;
Lega = 18%;
Movimento 5 Stelle = 17%;
Partito Democratico = 12%;
Forza Italia = 10%;
Azione di Calenda e +Europa = 4%
Sinistra italiana = 3%
Altri di centro-destra = 2%
Altri di centro-sinistra = 1%;
Altre coalizioni = 3%
Non mi esprimo = 9%.
Da evidenziare che non rivela la sua intenzione di voto circa il 9% degli intervistati, mentre il 3% voterà gruppi esterni all’attuale panorama politico parlamentare. Ma il dato più sorprendente è la scelta di dare la propria preferenza al Centro-Destra: 51%. Il 17% voterà M5S, mentre solo il 20% ha dichiarato di voler sostenere il Centro-Sinistra.
Ovviamente sono solo intenzioni di voto, poi bisognerà capire cosa decideranno di fare i colleghi intervistati al termine della campagna elettorale appena avviata.
Bocciato il ministro Speranza.
Agli stessi intervistati abbiamo chiesto anche di dare un giudizio sull’attività del Ministero della Salute Roberto Speranza nelle ultime due legislature. Il risultato è stato chiarissimo.
Come giudichi l’azione di Speranza nei confronti delle Professioni Sanitarie e Socio Sanitarie durante i suoi ultimi due mandati di Governo?
Eccellente = 2%;
Buono = 8%;
Sufficiente = 11%;
Insufficiente = 21%;
Inconcludente = 58%.
Insomma una chiara bocciatura per un ministro che ha promesso tanto durante la fase Pandemica, ma che ha realizzato poco. Annunci, insomma, che non si sono mai tramutati interamente in fatti concreti a favore di Infermieri, Infermieri Pediatrici, Ostetriche, Operatori Socio Sanitari e Professioni Sanitarie.
Toscana, troppe aggressioni agli operatori sanitari nelle carceri: insorge il Nursind
Il sindacato denuncia la pericolosa deriva che si sta registrando nei penitenziari di tutta la regione e chiede l’intervento delle istituzioni.
“Situazione insostenibile all’interno dei penitenziari toscani, dove alcuni operatori sanitari sono stati recentemente vittime di episodi di violenza“. La denuncia proviene dal coordinamento regionale del sindacato Nursind, che parla di episodi registrati a Firenze, Livorno, Pisa, e chiede alle istituzioni di attuare le misure necessarie per prevenirne altri in futuro. Inoltre si dichiara pronto a intervenire con ogni forma di protesta a tutela della salute e dell’incolumità degli operatori sanitari che prestano servizio nelle strutture carcerarie.
“Solo nell’ultimo periodo – racconta Roberta Sassu, segretaria territoriale di Nursind Livorno – si sono verificati numerosi casi: la settimana scorsa sono stata minacciata da un detenuto durante il giro della terapia. Poche ore prima una dottoressa aveva rischiato di essere picchiata. La settimana precedente erano stati presi di mira verbalmente altri medici e infermieri. E il 7 ho subito un’aggressione fisica: stavo somministrando la terapia, quando un detenuto mi ha afferrato la mano e mi ha sbattuto sulla porta di ferro della cella; per fortuna sono riuscita a sottrarmi alla presa, giusto in tempo per schivare uno schiaffo”.
Prosegue Sassu: “Nel carcere di Livorno ci sono da 11 a 13 agenti penitenziari per 300 detenuti: un numero insufficiente, che non è in grado di garantire la sicurezza neppure del personale sanitario. E se la situazione non è sicura, è bene che l’Asl Toscana Nord Ovest ritiri medici e infermieri dalle carceri. O dobbiamo aspettare che qualcuno di noi si faccia male seriamente? Nelle scorse settimane una commissione di controllo dell’azienda ha fatto un sopralluogo alle Sughere, ma si è limitata a entrare nell’infermeria, senza visitare le sezioni, e ha potuto avere solo un quadro molto parziale di ciò che succede all’interno della struttura”.
Il sindacato ricorda anche un episodio recentemente registrato al carcere di Sollicciano (periferia fiorentina): un tentato stupro ai danni di un’infermiera. In questo caso un detenuto, senza scorta del personale di custodia, aveva chiesto di accedere all’infermeria perché si sentiva male. Una volta aperta la porta, l’uomo aveva cercato di usare violenza all’infermiera, palpandola nelle parti intime. Un agente di polizia penitenziaria, con l’ausilio di un altro detenuto, aveva liberato la donna, alla quale erano stati refertati alcuni giorni di prognosi.
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Continua la protesta dei sindacati Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl “per le condizioni di lavoro insostenibili alle quali sono costretti i lavoratori della sanita? della Asl Toscana Nord Ovest”.
“È un problema generale quello della carenza degli organici che riguarda tutti i settori della Asl Toscana Nord Ovest – affermano Lorena Maggiolo, Elisabetta Battistoni, Enzo Mastorci, Maria Grazia Simoni, Pietro Casciani e Andrea Lunardi – Per il pronto soccorso del presidio di Lucca e della Valle del Serchio la criticita? dovuta al peggioramento delle condizioni di lavoro del personale addetto e? divenuta preoccupante anzi e? il caso di dire non piu? tollerabile e la mancanza di un’adeguata dotazione organica sta mettendo a serio rischio sia l’assistenza sanitaria erogata sia la salute degli operatori. Per questo, abbiamo deciso di proclamare lo stato di agitazione dinanzi al prefetto
“Sono purtroppo in aumento i numeri dell’uso di psicofarmaci, soprattutto antidepressivi, in Toscana. È un triste primato che va ridotto e abbattuto: il benessere psicologico non si affronta solo con i farmaci”.
Così Maria Antonietta Gulino, presidente dell’ordine degli psicologi della Toscana, a proposito dei dati contenuti nel rapporto 2021 L’uso dei farmaci in Italia, realizzato dall’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali dell’Aifa, secondo cui la Toscana è la regione italiana con il maggior utilizzo di farmaci antidepressivi, attestandosi nel 2021 a 66 Ddd (dosi medie giornaliere definite) ogni 1000 abitanti.
“Questo primato va ridotto attraverso il potenziamento dei servizi pubblici – ha aggiunto Gulino -. Da un lato lo psicologo di base, dall’altro l’assunzione di nuovi psicologi nel pubblico viste le graduatorie regionali disponibili dei concorsi 2020-2021 e quello attualmente in corso in Asl Sud-Est”.
Secondo Gulino “è necessaria una presa in carico dei disagi delle persone per migliorare la qualità della loro vita: per fare questo si deve lavorare per la prevenzione invece che stimolare la cronicità che ha costi spropositati di salute e spesa pubblica”.
BARI Picchiato per aver sollecitato un paziente a indossare la mascherina o, per lo meno, a voltare il capo mentre tossiva. Azioni che, normalmente, rientrerebbero nella sfera della buona educazione ma che, in periodo di Covid e soprattutto all’interno di un ospedale, diventano indispensabili da osservare. Martedì mattina, però, un infermiere in servizio nel Pronto Soccorso dell’Ospedale di Venere di Bari ha rimediato un pugno in pieno volto sferrato da un paziente in attesa al triage infastidito dalla richiesta.
Idris - 29/07/2022 20:22Durante i vari lockdown per il coronavirus non si sono contati i proclami fatti dai governi sull'importanza di rafforzare i nostri sistemi sanitari, gli applausi fatti a medici e infermieri, gli “eroi” della pandemia, edè stata abbondante la retorica sull'importanza di avere ospedali efficienti e disponibili a tutti. Ma finita la fase acuta dell'emergenza siamo tornati alla normalità, che è a quanto pare molto tragica, con i sistemi sanitari europei che non sono in grado di fornire i servizi che dovrebbero a causa di una mancanza di personale piuttosto generalizzata. La carenza di operatori sanitari è diffusa e riguarda tutto il mondo, l'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che entro il 2030 mancheranno 15 milioni lavoratori del settore. La tendenza è nota da diversi anni e le cause sono ben identificate: la popolazione mondiale sta invecchiando e richiederà sempre più cure, così come l'aumento delle malattie croniche, mentre allo stesso tempo il personale sanitario non viene rinnovato a sufficienza. E il Covid non ha fatto che peggiorare le cose.
Come riporta Le Monde, in un lungo pezzo sulla situazione europea, tutti i Paesi del Vecchio continente sono colpiti da questa disorganizzazione e dalla carenza di personale sanitario. La carenza di operatori sanitari non è un problema nuovo in Germania, ma si è acuito negli ultimi anni. Secondo un recente studio del Ministero dell'Economia tedesco, alla fine del 2021 c'erano più di 35mila posizioni non coperte nell'intero settore, con un aumento di circa il 40% nell'arco di un decennio. Per questo il ricorso a lavoratori stranieri è massiccio e un medico su cinque che esercita in Germania è nato all'estero, con i siriani che costituiscono il gruppo più numeroso. Nelle case di riposo, più di un terzo degli assistenti e degli infermieri è straniero, proveniente soprattutto dai Paesi dell'Europa orientale e meridionale, ma anche dal Vietnam e dalle Filippine.
La carenza di medici di base è uno dei principali problemi del sistema sanitario del Belgio. In Vallonia, un Comune su due ha carenze che in 40 città sono gravi, con meno di cinque medici ogni 10mila abitanti. La carenza di infermieri è un altro dei problemi principali del Paese ed è stata aggravata dalla crisi del Covid-19. Ventimila posizioni sono ora vacanti e i lavoratori locali sono stanchi delle condizioni o attratti da stipendi migliori, in particolare nel vicino Lussemburgo, e stanno abbandonando la professione o la nazione.
Più di 700mila spagnoli sono in attesa di un intervento chirurgico e il tempo medio di attesa per questi pazienti è di 123 giorni, con grandi disparità tra le regioni autonome, che vanno dai 183 giorni dell'Aragona ai 156 della Catalogna, dove il 30% dei pazienti attende in media più di sei mesi per l'operazione. A Madrid non è raro aspettare dalle due alle tre settimane per una semplice visita medica, il che costringe molti pazienti a rivolgersi al pronto soccorso, che è già in affanno per pandemia e caldo. Il 18 giugno, più di 8mila infermieri hanno manifestato su appello di tutti i sindacati della professione per denunciare una "inaccettabile mancanza di risorse" e un "carico di lavoro insostenibile".
In Grecia, durante la crisi economica del periodo 2010-2018, sono partiti per l'estero circa 20mila medici e sono stati licenziati quasi 2mila operatori sanitari nel settore pubblico. Molti se non lasciano il Paese passano al privato, visto che lo stipendio base di un medico ospedaliero è di circa 1.200 euro al mese e, dopo 15 anni di servizio, può aspirare ad arrivare a massimo 1.900 euro, cifre bassissime rispetto alle altre nazioni del blocco. Non a caso la Grecia ha 3,4 infermieri ogni mille abitanti, rispetto agli 11,9 della Francia. Alcune isole, come ad esempio Samotracia, non hanno neanche un'ambulanza.
E se ci spostiamo al nord del continente le cose non cambiano. Anche la Svezia sta avendo delle grosse difficoltà causate dalla mancanza di personale. A Gällivare, nella parte settentrionale del paese, l'ospedale locale ha deciso di chiudere il reparto pediatrico per quindici giorni a luglio. I bambini ricoverati saranno trasferiti a 250 chilometri di distanza. Poco più a sud, a Umea, tutte le operazioni sono state annullate fino a nuovo avviso. In tutto il Paese, i dipartimenti di emergenza sono sovraccarichi. I pazienti aspettano per ore, spesso nei corridoi. E mancano anche i medici di base. Secondo un calcolo del National Health Skills Council, per raggiungere l'obiettivo di un medico di famiglia ogni 1.500 pazienti sarebbe necessario assumere 2.500 medici di base, circa il doppio del numero attuale.
Le dimissioni di Draghi, rischiano di bloccare una serie di progetti legislativi, alcuni dei quali già a buon punto.
Numerosi progetti a cui il Parlamento sta lavorando subirebbero un brusco stop. Tra questi, la riforma della sanità territoriale, che nei prossimi mesi dovrebbe divenire operativa in attuazione del DM 77. Ma anche altre novità in materia di sanità sarebbero a rischio. Vediamo quali.
Rischia di arenarsi le riforme della sanità territoriale con i progetti contenuti all’interno del PNRR compreso l’infermiere di famiglia.
Dopo il primo via libera arrivato da Montecitorio, rischia di fermarsi al Senato l’esame della legge sul suicidio medicalmente assistito, come pure la legge delega per la riforma degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
In commissione Igiene e sanità, oltre alla riforma della sanità territoriale, si fermerebbero importanti disegni di legge attesi da tempo, come quello sulla creazione del profilo professionale di autista soccorritore e quello sulla riforma del sistema di emergenza-urgenza.
Inoltre non vedrebbero la luce le proposte per l’istituzione dello psicologo di cure primarie, sull’istituzione della Giornata nazionale della prevenzione veterinaria e sul diritto all’oblio per i malati oncologici.
Si bloccherebbe poi la legge su conservazione del posto di lavoro e permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche. Come pure la legge sull’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’uso dell’amianto e sulla bonifica dei siti contaminati.
Stop anche al disegno di legge per l’istituzione del budget di salute, volto a garantire un progetto di vita indipendente alle persone con disabilità, e al progetto di legge su prevenzione e lotta contro l’Aids e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza.
A fermarsi sarebbe anche il Ddl Concorrenza, che tra le altre cose prevede di riformare la selezione della dirigenza medica, nonché i decreti attuativi riguardanti l’erogazione dei ristori ai famigliari del personale sanitario deceduto a causa del Covid, la creazione della Rete registro tumori e l’attuazione del testo unico sulle malattie rare.
Si fermerebbe infine l’iter del Sunshine Act (o Legge sulla sanità trasparente), poiché verrebbero meno i decreti attuativi per la creazione del registro telematico, dove annotare le erogazioni di beni o denaro da parte delle imprese verso il personale della sanità.
Non sarebbe a rischio il rinnovo del contratto per infermieri OSS e tutte le professioni sanitarie in quanto è in attesa del bollino della Corte dei Conti per poi essere approvato definitivamente.
Con la crisi che si prospetta essere alle porte potrebbero saltare le assunzioni di migliaia di operatori sanitari tra cui infermieri, medici, Oss e altre professioni sanitarie. Un disastro per tutta la sanità pubblica e per la salute dei cittadini italiani.
Redazione Nurse Times
Nuova Ondata Covid: la notizia che nessuno vorrebbe leggere non si può però più nascondere.
I dati di nuove positività sono inauditi e equiparabili soltanto ai momenti più bui di questi ultimi anni.
Nell’ultima settimana, a fronte di 300.000/450.000 tamponi eseguiti al giorno, il tasso di positività si è attestato sui 25-27%, con conseguente esplosione dei numeri dei contagiati attivi.
Questi hanno raggiunto la cifra esorbitante di 1,3 milioni di italiani positivi.
Sia chiaro, questa forma che circola è meno letale, grazie anche al completamento del ciclio di vaccinazioni per l’82% dei cittadini italiani.
Ma l’aumento dei ricoveri (attualmente oltre 9000) e dei ricoveri in Terapia Intensiva (oltre 350) è costante e la paura è quella di un aumento vertiginoso nelle prossime settimane, grazie ai flussi turistici stagionali.
Ancora non siamo in stato di allarme, ma sicuramente di attenta allerta. Fatto sta che questi numeri sono peggio di quella della seconda e terza ondata.
Medici, Infermieri e OSS sono stati allertati dalle aziende e già si contano migliaia di contagi fra il personale sanitario ed i primi richiami dalle ferie per sopperire alle carenze di organico.
https://www.assocarenews.it/primo-piano/ultim-ora/sanita/in-italia-il-covid-torna-a-volare-i-dati-dimostrano-che-una-nuova-ondata-e-iniziata-medici-infermieri-e-oss-allertati
In un'estate di fuoco, i sindacati annunciano battaglia, indicendo lo stato di agitazione del comparto sanitario. C'è un'origine ai mali che funestano la sanità laziale, ed è in primo luogo nella mancanza di personale. Si riversa sui servizi di 118 e Pronto Soccorso, sempre sul filo del collasso, con attese infinite e pazienti costretti a rimanere sulle barelle per giorni, ricade sulla gestione di tutti gli altri reparti, sempre più sguarniti, con liste d'attesa sempre più lunghe.
sean - 13/07/2022 21:28LUCCA. «Chiediamo al più presto un incontro con il sindaco di Lucca. Le istituzioni devono mobilitarsi perché il sistema sanitario è in difficoltà e i servizi sono a rischio». È un grido d’allarme a tutto tondo quello che si leva dall’assemblea della Fials, tenutasi ieri mattina al San Luca. Il sindacato a livello di coordinamento regionale ha già proclamato uno stato di agitazione per denunciare la grave carenza di personale che si registra nelle strutture sanitarie territoriali e ospedaliere. «La situazione è seria – spiega Daniele Soddu, sindacalista Fials –. Secondo i nostri calcoli in provincia di Lucca mancano più di 150 sanitari tra medici, infermieri e oss. Siamo drammaticamente sotto organico in un momento in cui gli accessi al Pronto soccorso stanno aumentando e il numero del personale contagiato è in forte crescita. Chiediamo all’azienda di intervenire quanto prima con assunzioni necessarie per mantenere attivi servizi che sono a forte rischio. Non vorremmo che si arrivasse nuovamente a bloccare le ferie al poco personale presente e già stremato dai due anni di pandemia. Lavorare nella sanità pubblica è diventato estremamente stressante e complicato ed è anche per questo che assistiamo alle dimissioni di tanti colleghi che preferiscono andare a lavorare nel privato, dove sono meglio pagati e contrattualmente più tutelati».
Da qui la richiesta di intervento al sindaco Mario Pardini. «Vorremmo incontrarlo – prosegue Soddu – per prospettargli i rischi a cui si va incontro se non si interviene. Il nostro non è un grido isolato: qualche giorno il presidente dell’Ordine dei medici di Lucca ha scritto una lettera aperta all’azienda sanitaria, chiedendo anche al prefetto di attivarsi. Tra lo smantellamento degli Usca, le assenze dovute ai contagi, le mancate sostituzioni degli operatori con più di 30 giorno di malattia e i pensionamenti, mancano circa 150 persone alla macchina della sanità pubblica provinciale. È impensabile andare avanti a lungo con questi numeri. Dall’azienda vogliamo un piano strategico-industriale dettagliato e con tempi certi per le assunzioni. Ci sono tante partite da gestire in questa fase, compresa la riorganizzazione della sanità territoriale con le risorse che arriveranno grazie al Pnrr. O si interviene o ci aspettano un’estate e un inverno durissimi. La Regione ha un buco di bilancio che le impedisce di assumere ma se non si trova un escamotage bisogna bloccare i servizi. Per questo chiediamo anche alle istituzioni di scendere in campo. Se si vuole ottimizzare si eliminano le esternalizzazioni che più che un guadagno si sono rivelate una spesa».
Intanto i dati del Covid continuano a crescere. Con i 127 casi di ieri, i contagiati dell’ultima settimana in provincia di Lucca sono stati 3.867, dunque 521 più della settimana precedente. Anche i ricoveri aumentano: i pazienti Covid al San Luca sono 38, contro i 35 della settimana prima.
Covid, "Centinaia di positivi tra gli infermieri, in tanti pensano di andarsene"
Arriva l'appello del sindacato Nursind "Chiediamo maggiori assunzioni, siamo sottopressione"
Fienze, 11 luglio 2022 - Arriva l'appello del sindacato NurSind a causa della nuova ondata di Covid in costante crescita sono "centinaia i positivi tra il personale sanitario della Toscana", si chiedono nuove assunzioni per far fronte alla nuova ondata.
In una nota stampa, il sindacato chiede "un piano di assunzioni urgente perché la situazione risulta gravissima, sono tanti gli infermieri che pensano di andarsene". Così una nota del coordinamento regionale del sindacato delle professioni infermieristiche.
"In questi giorni si stanno raggiungendo numeri di contagi importanti - afferma il coordinatore regionale Giampaolo Giannoni - oltre 150 a Careggi, una trentina al Meyer e un centinaio all'Azienda ospedaliero-universitaria pisana. Una situazione dovuta in buona parte alle linee di indirizzo regionale sulle 'bolle' Covid. Una soluzione che puntava a ottenere il risparmio a tutti i costi. Ma che si è rivelata inefficace. Viste le gravi criticità degli organici - spiega - chiediamo subito un piano di assunzioni, autorizzando le aziende ad assumere personale, in primis infermieri. In questo momento non è pensabile che la Regione prosegua sul blocco delle assunzioni: siamo preoccupati. Il rischio è di costringere le aziende a ricorrere al mercato degli interinali, riportando di nuovo il precariato dentro le strutture pubbliche".
Il timore, spiegano dal NurSind, è che questa difficilissima situazione occupazionale metta a rischio le ferie estive e i riposi dovuti. "Gli infermieri sono stanchi e demotivati: in diversi negli ultimi giorni si sono rivolti al sindacato per informarsi sull'iter da seguire per rassegnare le dimissioni e come se non bastasse - conclude Giannoni - anche dalle università non riescono ad arrivare sufficienti forze nuove: la professione infermieristica non è più considerata appetibile proprio per le difficili condizioni di lavoro".
Mercoledì 13 luglio è in programma un incontro con l'assessore regionale Bezzini e il direttore generale Gelli: "Il Nursind chiede risposte concrete - conclude la nota -. Altrimenti è pronto a indire lo stato di agitazione a livello regionale".
"Noi infermieri, vicini al punto di non ritorno"
"Noi infermieri, vicini al punto di non ritorno"
Il consiglio dell’ordine delle professioni infermieristiche, Opi Lucca: “Siamo in un’emergenza sempre più preoccupante, molti fuggono“
Infermiere e infermieri denunciano una crisi di personale preoccupanteInfermiere e infermieri denunciano una crisi di personale preoccupante
Infermiere e infermieri denunciano una crisi di personale preoccupante
Il punto di non ritorno è vicino, denuncia in premessa il consiglio dell’ordine delle professioni infermieristiche, Opi Lucca. Un’emergenza ormai cronicizzata e da qui scatta l’appello alle istituzioni. "La drammaticità di un personale quasi dimezzato – afferma l’Ordine degli infermieri -, fortemente provato e alle prese con una pandemia che non accenna in nessun modo a mollare la presa, ma persiste nell’attentare alla salute pubblica e di tutti coloro che ne vogliono tutelare la sua integrità, delinea, a nostro avviso, una situazione emergenziale sempre più preoccupante".
"Il personale infermieristico che con grande prova di professionalità ha dimostrato di esserci e di lottare contro il Covid-19 è ormai oltre il punto finale di uno sforzo estenuante. Un sistema in forte affaticamento che adesso si trova a fare i conti con l’esaurimento fisico e psichico di tutti i professionisti sanitari, ai quali non possiamo che riconoscere un’incondizionata professionalità e coraggio che va ben oltre l’obbligo professionale".
"Il mondo sanitario della provincia di Lucca sta affrontando una crisi epocale determinata da una decadenza economica e sociale di enorme portata. OPI Lucca vuole far emergere una criticità che coinvolge trasversalmente l’intera comunità - sottolinea - . Emerge nella categoria infermieristica un crescente senso di impossibilità a farsi carico dei bisogni, il nuovo incremento del tasso di positività da Covid-19 registrato in questi ultimi giorni, dopo due anni di fasi altalenanti, stanno portando molti professionisti ben oltre la fase di un burn-out. Questo induce sempre più infermieri a valutare scelte drastiche verso una fuga dalle conseguenze disastrose per il servizio sanitario nazionale: prepensionamenti, licenziamenti".
Una situazione dai profondi riflessi anche sul servizio . “Una situazione - fa notare l’ordine - che ha fatto crollare anche l’appetibilità di una professione a livello universitario con un considerevole calo delle richieste per l’accesso al Corso di Laurea in Infermieristica. Non è ammissibile che un infermiere, oberato dal numero di pazienti e dai costanti rientri, cada nel più totale disarmo già di fronte alla presa in carico di un malato perchè ormai esausto da una situazione che mette a rischio un’assistenza di qualità". All’origine di tutto la forte carenza di personale e conseguenti turni massacranti. "Non è raro che gli infermieri disperati si abbandonino al pianto perché non riescono a garantire una assistenza dignitosa, che ventilano la possibilità di anticipare il loro pensionamento a costo di non indifferenti perdite economiche, altri che ragionano sul cambio di lavoro". Opi Lucca scuote le autorità competenti affinché si avvii un "veloce e sostanziale cambio di rotta".
L.S.
Emergenza infermieri, l’Opi di Lucca: “Servono più risorse umane per la tenuta del sistema sanità”
Anche l'ordine professionale lancia l'allarme: "È crescente l'inadeguatezza nel garantire i livelli essenziali di assistenza”
Prima che il sistema salute raggiunta un vero e proprio punto di non ritorno l’ordine delle professioni infermieristiche di Lucca (Opi Lucca) lancia un appello a tutte le autorità competenti.
“La drammaticità di un personale quasi dimezzato – dice il consiglio direttivo dell’Opi Lucca – fortemente provato e alle prese con una pandemia che non accenna in nessun modo a mollare la presa ma persiste nell’attentare alla salute pubblica e di tutti coloro che ne vogliono tutelare la sua integrità, delinea, a nostro avviso, una situazione emergenziale sempre più preoccupante. Il personale infermieristico che con grande prova di professionalità ha dimostrato di esserci e di lottare contro il Covid-19 è ormai oltre il punto finale di uno sforzo estenuante. Un sistema in forte affaticamento che adesso si trova a fare i conti con l’esaurimento fisico e psichico di tutti i professionisti sanitari, ai quali non possiamo che riconoscere un’incondizionata professionalità e coraggio che va ben oltre l’obbligo professionale”.
“Il mondo sanitario della provincia di Lucca – prosegue – sta affrontando una crisi epocale determinata da una decadenza economica e sociale di enorme portata. Opi Lucca vuole far emergere una criticità che coinvolge trasversalmente l’intera comunità. Emerge all’interno della categoria infermieristica un crescente senso di impossibilità a farsi carico dei bisogni, il nuovo incremento del tasso di positività da Covid-19 registrato in questi ultimi giorni, dopo due anni di fasi altalenanti, stanno portando molti professionisti ben oltre la fase di un burn-out. Quanto sopra induce sempre più infermieri a valutare scelte drastiche verso una fuga dalle conseguenze disastrose per il servizio sanitario nazionale: prepensionamenti, licenziamenti”.
“Una situazione – dice l’Opi di Lucca – che ha fatto crollare anche l’appetibilità di una professione a livello universitario con un considerevole calo delle richieste per l’accesso al corso di laurea in infermieristica. Non è ammissibile che un infermiere, oberato dal numero di pazienti e dai costanti rientri, cada nel più totale disarmo già di fronte alla presa in carico di un malato perchè ormai esausto da una situazione che mette a rischio un’assistenza di qualità. La forte carenza di personale e la conseguente rimodulazione della turnistica stanno mettendo a dura prova l’assistenza , nella sua garanzia e nella sua tutela. Sono forti i feedback provenienti dagli infermieri ormai esasperati. Una disperazione che emerge da uno stato psicologico devastante. Infermieri che disperati si abbandonano al pianto perchè non riescono a garantire una assistenza dignitosa, che ventilano la possibilità di anticipare il loro pensionamento a costo di non indifferenti perdite economiche, altri che ragionano sul cambio di lavoro. Una situazione che ha permesso il maturare di una crescente inadeguatezza nel garantire i livelli essenziali di assistenza. Presupposti di lavoro ormai impossibili che vanno ad aggiungersi al rammarico per gli stipendi, a pari professionalità, inferiori alla media europea, alla quasi inesistente possibilità di crescita e valorizzazione professionale”.
“Un mix che si ripercuote sull’assistenza e sulle condizioni di lavoro – conclude la nota – La sanità è al collasso, le risorse umane necessitano di un sostanziale rafforzamento per la tenuta del sistema sanità. Urge una presa d’atto imminente e una sua risoluzione che non vada a ledere la professionalità infermieristica e che garantistica ai cittadini il mantenimento degli standard assistenziali. Realtà di estrema preoccupazione su cui Opi Lucca pone un accento incisivo. Alla luce di quanto sopra descritto Opi Lucca auspica dalle autorità competenti un veloce e sostanziale cambio di rotta. Opi Lucca, per quanto di competenza, si rende disponibile a qualsiasi iniziativa che possa accelerare soluzioni ormai non più procrastinabili”.
SOS infermieri. Al San Luca di Lucca chiudono i servizi: i pazienti chiedono assunzioni
La Redazionedi
La nuova ondata di Covid ha messo in crisi il San Luca di Lucca per la mancanza di infermieri ed oss, colpiti dal virus. La positività al Covid ,infatti oltre che i cittadini, ha colpito il personale assistenziale del San Luca, già da mesi in sofferenza.
Alcune realtà come l’Spdc psichiatria, a causa della mancanza di
personale devono attingere ad operatori del Csm centro salute mentale del Territorio ( detto CSM ex Casina Rossa ) che il sabato pomeriggio di luglio ed Agosto vedrà quindi la chiusura del centro operativo per mancanza di personale, che inoltre deve anche andare in ferie.
Una situazione che poteva essere prevista , sapevano tutti in anticipo che il Covid sarebbe ritornato mutato, magari con meno complicanze per merito dei vaccini, ma ugualmente infettive, tant’è che il tasso di positività tra gli operatori sanitari è in netto aumento, e chi resta a casa in isolamento, non è sostiuito.
Cosi le famiglie ed i pazienti in carico alla salute mentale saranno ancora in difficoltà, a causa della mancanza di ore di assistenza sul territorio.
Si denota una incapacità dei vertici Asl di previsione , di destinazione delle risorse umane , ricerca di personale già carente da mesi.
Libera nos a malo
Associazione libera espressione per un'assistenza dignitosa
link
https://www.infermieristicamente.it/articolo/15789/sos-infermieri-al-san-luca-di-lucca-chiudono-i-servizi:-i-pazienti-chiedono-assunzioni
Secondo me devono assumere prima che si arrivi a ottobre o sarà un inferno totale
Ziras - 06/07/2022 21:57Allarme di Quiriconi: "Con la pandemia che torna a galoppare a rischio i servizi. La colpa è di una cattiva programmazione"
Servizi “rimodulati” negli ospedali della Valle, i pronto soccorso di Lucca e Versilia che vedono un personale “praticamente dimezzato” e la pandemia che torna a correre. Sono questi gli elementi di nuova preoccupazione sul tavolo del presidente dell’ordine dei medici di Lucca, Umberto Quiriconi, che adesso si rivolge non tanto all’Asl quanto ai sindaci e in particolare al prefetto perché trovino soluzioni ad una situazione definita come “drammatica”.
Il cahiers de doléance dell’ordine dei medici inizia dalla Garfagnana e, in particolare, “dalla paventata chiusura del reparto di cardiologia dell’ospedale di Castelnuovo Garfagnana ancorchè smentita dalla dirigenza Asl”, sottolinea Quiriconi.
“Tale nefasta prospettiva – osserva – si inserisce nella generale drammatica carenza di personale sanitario, medico e non, in seno al servizio sanitario nazionale e regionale legato principalmente ad errori di programmazione avvenuti in passato nella predisposizione dei processi formativi dei professionisti, ma anche alle scarse prospettive di crescita professionale, a stipendi cinque-sei volte inferiori alla media europea e a condizioni di lavoro impossibili; tutti fattori questi che favoriscono la fuga dall’Italia di circa mille medici ogni anno”.
“Purtroppo non ci consolano le rassicurazioni dell’Asl Nordovest – aggiunge Quiriconi – la quale parla di ‘rimodulazione dell’attività che porterà comunque ad un ampliamento dell’offerta ambulatoriale e di day hospital’ che francamente non riusciamo ad intravedere alla luce della situazione attuale e delle prospettive future. Né è servito finora il progetto denominato Proximity Care che ha visto coinvolti i cardiologi della Fondazione Monasterio e che non ha avuto seguito come del resto prevedibile visti i presupposti”.
“Il proposito inoltre di sostenere il servizio sfruttando prevalentemente il meccanismo del teleconsulto a distanza specie in orario notturno (strumento peraltro utilissimo nel monitoraggio della patologia cronica a domicilio) cozza violentemente con la necessità di garantire una risposta specialistica qualificata in presenza ai cittadini della Valle del Serchio e della Garfagnana non solo come organico del reparto di cardiologia, ma anche come consulenza qualificata in pronto soccorso dato che tale funzione in questo contesto non è vicariabile con sistemi di telemedicina. È necessario quindi reperire cardiologi che possano prendere servizio in modo stabile all’ospedale S. Croce; infatti a causa della carenza di questi ultimi già nell’ultimo anno è risultata ostacolata l’attività ambulatoriale e day hospital cardiologico, tant’è che numerosi pazienti sono stati costretti a rivolgersi a sedi distanti. Come sopra accennato inevitabilmente anche il Pronto Soccorso risentirà di tale situazione con la probabile assenza di un cardiologo, l’anestesista solo reperibile, la mancanza di uno psichiatra reperibile, la carenza di ambulanze ed i supporti informatici ancora non efficienti”.
Poi si arriva alla nota dolente: “Il quadro è ancor meno rassicurante se consideriamo i pronto soccorso degli ospedali di Lucca e Versilia anch’essi affetti dalla piaga della mancanza di personale con organici pressoché dimezzati e senza possibilità oggettiva di rimedio a tale situazione se non ricorrendo ad altre figure mediche peraltro poco indicate per tali funzioni, per di più, poi, alla vigilia di una ripresa della pandemia ed in piena stagione vacanziera. La mancanza di medici comunque si evidenzia un po’ in tutti i reparti dei nosocomi della provincia condizionando pesantemente in modo negativo la funzionalità di questi ultimi, con allungamento delle liste d’attesa, procrastinazione dei controlli, rinvio degli interventi chirurgici; i risultati sono sotto gli occhi di tutti: incremento ed aggravamento dei casi di patologia cronica e in alcuni casi dei decessi. E di questi giorni lo spostamento ad altra funzione anche del direttore amministrativo dell’ospedale Versilia che fa seguito alla perdita del primario di nefrologia e prima ancora a quello di urologia, l’uno destinato ad altro incarico, l’altro dimessosi”.
“Ad acuire questo stato di cose – suggerisce il presidente dell’ordine dei medici – c’è la scarsità di medici nell’emergenza territoriale cosicchè questo servizio è svolto per svariate ore al giorno (specialmente in media valle del Serchio nei turni di notte) dal solo infermiere con i pochi medici a disposizione oltretutto impiegati anche per i trasporti sanitari e quindi non disponibili per le emergenze vere e proprie. Anche in questo ambito le previsioni sono tutt’altro che rosee visto che nelle intenzioni della regione, nonostante le pubbliche affermazioni contrarie, c’è il progetto di una sostanziale demedicalizzazione delle ambulanze riservando la presenza del medico prevalentemente sulle automediche; inoltre, visto che non è stato a tutt’oggi istituito dall’Asl Nordovest il corso di formazione per medici dell’emergenza territoriale deliberato dalla Regione Toscana addirittura nell’ottobre dello scorso anno, non si sa veramente cosa pensare”.
“Non dobbiamo dimenticare poi – aggiunge – l’insufficiente numero di colleghi del servizio di continuità assistenziale e della medicina generale, veri capisaldi dell’assistenza sanitaria territoriale, la cui assenza inceppa il meccanismo di cura favorendo il ricorso improprio al Pronto Soccorso e la soppressione delle Usca, strumento importantissimo nella gestione della scorsa pandemia. Tutto ciò si ripercuote in modo negativo prima di tutto sull’assistenza alla persona, ma anche sulle condizioni di lavoro divenute in alcuni contesti veramente inaccettabili e favorisce il fenomeno delle dimissioni e del pensionamento precoce di tanti professionisti della sanità con danni inenarrabili al servizio sanitario nazionale. In conclusione questi sono solo alcuni esempi, ma la situazione occupazionale è veramente drammatica un po’ in tutti i contesti per cui c’è davvero da temere per la sussistenza del sistema sanità pubblica; il servizio sanitario nazionale universalistico si è retto in questi ultimi anni principalmente sul senso di responsabilità di chi ci lavora, merita di essere amministrato meglio, non lasciamo che si deteriori”.
Da qui nasce un appello” accorato ai funzionari, ma anche ai sindaci (massima autorità sanitaria del comune che amministrano) ed al Prefetto – scrive Quiriconi – affinchè si adoperino in ogni modo a porre un rimedio alla situazione prima che sia troppo tardi e si verifichi un esodo in massa degli operatori sanitari“.
La salute mentale oramai è esaurita da tanto non bastano più psicofarmaci
Silvia - 06/07/2022 15:04La, sanità a Lucca andrebbe commissariata e togliere i soldi a chi ha toppato, a casa i vertici
Adriana - 04/07/2022 20:55L’Italia risulta “tra gli ultimi Paesi in Europa” nell’ambito della salute mentale. E, nonostante un incremento stimato del 30% di diagnosi, tra depressione e altre patologie psichiche causato da due anni di pandemia per il coronavirus, specie tra giovani e studenti, sono stati indicati “zero investimenti” nell'ambito del Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato per rilanciare l'economia italiana proprio dopo la pandemia. Mentre al 2025, sempre secondo le stime, mancheranno altri mille psichiatri tra pensionamenti e dimissioni. Questi i dati segnalati nell'allerta lanciata da dieci società scientifiche della psichiatria italiana, da cui è giunta anche la richiesta “urgente” di costituire un'agenzia nazionale ad hoc.
L’aumento delle diagnosi per la pandemia
Covid e salute mentale, esperti: "Rischio disturbi cronici nei minori"
Secondo gli psichiatri, dunque, l’orientamento è quello di andare verso “l'impossibilità di garantire i servizi minimi in un settore in ginocchio già ben prima della pandemia, con assenza di investimenti, una carenza drammatica di medici e ora alle prese anche con un aumento del 30% di diagnosi per la pandemia”, hanno segnalato le società scientifiche, riunitesi in un incontro organizzato dalla Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF). Tra le carenze indicate, soprattutto, quella relativa agli investimenti, che secondo gli esperti sarebbero dovuti crescere almeno fino al 5% del fondo sanitario nazionale, con l’obiettivo di arrivare all'obiettivo del 10% segnalato in sede comunitaria per i Paesi con alto reddito, che che invece sono “tracollati dal già misero 3,5% del 2018 al 2,75% del 2020. A cui è seguito un crescente numero di diagnosi post pandemia”. Questo, hanno spiegato le società, significa che i 728 mila cittadini in cura presso i vari Dipartimenti di Salute Mentale nel 2020, passati da 183 a 141 dal 2015 al 2020, sono di certo aumentati nel biennio 2021-22 seppur non censiti o non ancora individuati. Ma non è tutto perché, come detto, a questa situazione va aggiunta la fuga del personale, sia medico e sia infermieristico, dai dipartimenti che già risultano sottorganico da tempo. Inoltre, persistono differenze a livello regionale a complicare la gestione.
La necessità di un’agenzia nazionale per la Salute Mentale
In conclusione, hanno riferito gli esperti, nonostante alcuni piccoli segnali ed un finanziamento della Commissione Europea, “non si vede, tra le risorse destinate dal PNRR alla salute un solo euro destinato alla Salute Mentale”. Da qui l’appello, lanciato dalla SINPF e da altre dieci Società scientifiche del settore, tra le quali la Società italiana di Psichiatria, di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza, di Psichiatria delle Dipendenze e la Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze. Tra le richieste avanzate, anche quella della creazione di una agenzia nazionale per la Salute Mentale, che “dovrà ripartire da zero per mettere l'Italia in condizioni di pareggiare i conti con l'Europa e di ridare dignità a chi soffre e a chi lavora in questo settore così strategico per la società e l'economia italiana”.
Primo studio al mondo sulle conseguenze del lockdown su malati psichiatrici
Riconoscimento internazionale per l'Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli: all'indomani del lockdown, che ha rallentato tutte le attività cliniche ordinarie e differibili non connesse alla cura di pazienti affetti da Coronavirus, il Servizio di Psichiatria e Psicologia diretto da Andrea de Bartolomeis, ha applicato con grande efficienza nuovi percorsi assistenziali ed una complessa organizzazione dei servizi, per garantire standard d'eccellenza nella cura di pazienti con disturbi mentali.
E' stato rapidamente attivato un Ambulatorio Virtuale di Psichiatria e Psicologia, attraverso il quale il personale strutturato, con il coinvolgimento degli specializzandi in Psichiatria della Federico II, è riuscito a garantire il follow up a distanza di tutti gli utenti con problematiche psichiatriche severe già in carico, in maniera tale da monitorare attraverso la telemedicina in maniera continuativa le condizioni di salute mentale di questi soggetti e di poter intervenire qualora si rendesse necessario un ricovero d'urgenza.
Attraverso l'Ambulatorio Virtuale di Psichiatria e Psicologia è stato inoltre possibile studiare le conseguenze dello stress da pandemia e da lockdown in 205 pazienti con patologie psichiatriche severe (oltre che in 51 caregiver e in 205 soggetti di controllo), generando il primo studio al mondo sulle conseguenze psicopatologiche correlate allo stress da pandemia da COVID-19 in individui affetti da disturbi mentali severi pubblicato sulla prestigiosa rivista Psychological Medicine, con primo autore Felice Iasevoli, professore di Psichiatria dell'Università Federico II di Napoli.
Lo studio ha evidenziato come le persone affette da disturbi mentali manifestino un disagio correlato alla pandemia molto più grave rispetto alla popolazione generale, presentando livelli più elevati di stress percepito, di ansia generalizzata e di sintomi depressivi rispetto alla popolazione generale, con un rischio notevolmente maggiore di sviluppare una sintomatologia ansiosa e depressiva di grado severo. La concomitante presenza di altre patologie mediche e di insicurezza economica contribuiscono a generare un maggiore stato di tensione e di sofferenza anche in questa tipologia di pazienti. (da areacomunicazione.policlinico.unina.it/)
Senza infermieri non c’è assistenza per la salute mentale.
Parla chiaro l’ultimo rapporto del ministero della Salute datato fine 2021 e che riporta le rilevazioni 2020: nei servizi psichiatrici le prestazioni erogate nel 2020 dai servizi territoriali sono state 8.299.120 con una media di 12,3 prestazioni per utente. Complessivamente il 79,6% degli interventi è effettuato in sede, l’8,9% a domicilio e il resto in una sede esterna.
E gli operatori prevalenti sono rappresentati da infermieri (42,7%,) e medici (34,7%).
Il 33,0% degli interventi è rappresentato da attività infermieristica a domicilio e nel territorio, il 22,8% da attività psichiatrica, l’11,4% da attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale, il 6,6% da attività di coordinamento e il 6,3% da attività di supporto alla vita quotidiana, il 6,2% da attività psicologica-psicoterapica; la quota restante riguarda attività rivolta alla famiglia e attività di supporto.
il personale infermieristico risulta la figura professionale maggiormente rappresentata (44,8% di 28.807 unità all’interno delle unità operative psichiatriche pubbliche) seguita da medici (18,4%, psichiatri e con altra specializzazione), OTA/OSS (11,2%), educatori professionali e tecnici della riabilitazione psichiatrica (7,5%) psicologi (6,7%), assistenti sociali (4,0%).
Nel 2020 la consistenza numerica degli operatori impegnati nei servizi di salute mentale risulta pari a 40.983 unità di cui il 70,3% nei servizi pubblici. Complessivamente, a livello nazionale, i rapporti tra infermieri e medici e tra medici e psicologi risultano pari, rispettivamente, a 2,5 e a 2,3.
Nella strutture sanitarie convenzionate con il Dipartimento di Salute Mentale, lavorano 12.176 unità di personale e di queste il 27% sono OTA/OSS, il 23,1% infermieri, il 18,9% dagli educatori professionali e tecnici della riabilitazione psichiatrica, il 7,1% medici, il 5,8% psicologi.
I medici sono particolarmente presenti nella sede principale del DSM (39,0% del personale totale), mentre a domicilio le prestazioni si riferiscono per il 70,0% agli infermieri.
In generale, il 33,0% degli interventi è rappresentato da attività infermieristica a domicilio e nel territorio, il 22,8% da attività psichiatrica, l’11,4% da attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale,
il 6,6% da attività di coordinamento e il 6,3% da attività di supporto alla vita quotidiana, il 6,2% da attività psicologica-psicoterapica; la quota restante riguarda attività rivolta alla famiglia e attività di supporto.
Per quanto riguarda i trattamenti relativi a pazienti con diagnosi di schizofrenia e altre psicosi funzionali le prestazioni maggiormente erogate nel 2020 sono l’attività infermieristica a domicilio e nel territorio (39,1%), l’attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale (13,8%) e l’attività psichiatrica (17,0%).
Per i trattamenti relativi a pazienti con diagnosi di depressione le prestazioni più frequenti sono l’attività psichiatrica (31,6%), l’attività infermieristica al domicilio e nel territorio (28,0%), l’attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale (8,6%), l’attività psicologica e psicoterapica (8,4%). Per la diagnosi di mania e disturbi affettivi bipolari le prestazioni maggiormente erogate sono l’attività infermieristica al domicilio e nel territorio (35,7%), l’attività psichiatrica (23,4%), l’attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale (9,7%).
Per la diagnosi di disturbi della personalità e del comportamento le prestazioni più frequenti sono l’attività infermieristica al domicilio e nel territorio (30,7%), l’attività psichiatrica (22,3%), l’attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale (11,4%).
Per la diagnosi di sindromi nevrotiche e somatoformi le prestazioni maggiormente erogate sono l’attività psichiatrica (31,9%), l’attività infermieristica al domicilio e nel territorio (21,5%), l’attività psicologica e psicoterapica (13,9%), e infine l’attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale (8,1%).
Per le restanti diagnosi (alcolismo e tossicomanie, altri disturbi psichici, demenze e disturbi mentali organici, disturbi della personalità e del comportamento, ritardo mentale) si osservano in genere frequenze maggiori per l’attività infermieristica al domicilio e nel territorio e per l’attività psichiatrica.
Il Rapporto evidenza anche la consistente quota di prestazioni di attività psicologica e psicoterapica per gli “altri disturbi psichici” (20,7%) e di attività infermieristica al domicilio e nel territorio per il “ritardo mentale” (34,9%) e per i “disturbi della personalità e del comportamento” (30,7%).
SOS in ospedale per l’emorragia di personale. A lanciare l’allarme sono le organizzazioni sindacali Cgil fp Cisl fp Uil fpl. Un’emergenza che, sostengono, è solo una parte dell’emorragia generale che riguarda il personale dell’ospedale di Lucca dove le sigle dei lavoratori rimarcano carenze complessive che si stanno aggravando giorno per giorno: “Mancano infermieri, Operatori socio sanitari, tecnici sanitari – incalzano -. Non possiamo che gridarlo ancora a gran voce: se manca personale va assunto. Soprattutto ora che oltre alle ferie, ai carichi di lavoro insostenibili dovuti all’aumento delle prestazioni, si assiste a un’impennata del Covid. Il virus colpisce anche i lavoratori della sanità ed è necessario sostituirli“. “Servono assunzioni – è l’appello – perché non si possono continuare a chiedere sacrifici ai dipendenti, turni raddoppiati, riposi saltati, rientri per sopperire alle carenze e a mancanza di organizzazione. Invitiamo quindi l’azienda e i livelli istituzionali di farsi portavoce in regione e prendere in mano la situazione - perché con questi carichi di lavoro non si può andare avanti”. A soffrire non è solo il comparto infermieristico: “Senza tecnici di radiologia il Pronto soccorso del San Luca va in affanno, i tempi di attesa si allungano e si creano disservizi tutti a discapito dei cittadini, con carichi di lavoro eccessivi sul personale in servizio che non ce la fa più”.
alina - 03/07/2022 17:35Ancora non siete a nulla.
Tra ferie e braghe di tessuto covidde calate,
aspettate una quindicina di giorni,
che si osservin le più belline!
Iol'aie!
SIAMO ALLE SOLITE...quando le cose non vanno ci rimette sempre il malato, chiudono i servizi.questa la sola risposta
daniele - 02/07/2022 18:14La colpa sempre sui deboli ricade
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