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  • 10/08/2025 04:35

Possono provare a riempirvi il cranio di quello che vogliono

L’intelligenza artificiale generativa è diventata uno strumento operativo nelle campagne di propaganda politica internazionale. Non si tratta più di un rischio futuro o di scenari ipotetici: secondo una recente inchiesta pubblicata dal New York Times, esistono già attori statali e aziende private, in particolare legati alla Cina, che utilizzano reti di bot avanzati, modelli linguistici sofisticati e profili psicologici digitali per influenzare l’opinione pubblica. Le tecnologie sviluppate da società cinesi come GoLaxy permettono di diffondere contenuti manipolativi in modo mirato, continuo e difficilmente rilevabile, simulando interazioni umane autentiche sui social media. Le operazioni documentate hanno già preso di mira Hong Kong e Taiwan, e potrebbero presto estendersi agli Stati Uniti e all’Europa. Un nuovo fronte di conflitto, meno visibile ma destabilizzante: quello della persuasione algoritmica. GoLaxy non è un esperimento: è un sistema. Fondata nel 2010 da un istituto della Chinese Academy of Sciences, è formalmente un’azienda privata ma in realtà opera da anni in un’area grigia tra ricerca, intelligence e propaganda di Stato. Secondo i documenti ottenuti dal Vanderbilt University Institute of National Security, GoLaxy integra modelli linguistici avanzati, supercalcolo, sorveglianza sociale e tecniche di profilazione psicologica per influenzare l’opinione pubblica attraverso interazioni apparentemente autentiche sui social media. Le sue operazioni non si limitano alla diffusione di contenuti falsi. Il metodo è più sofisticato: le intelligenze artificiali studiano tono, lessico, abitudini comunicative degli utenti reali e generano risposte personalizzate ed empatiche. L’obiettivo non è pubblicare la notizia shock che generi indignazione, ma consolidare una propaganda normalizzata, erodendo lentamente la fiducia degli utenti. .......... Chi vuole può continuare a leggere su https://www.linkiesta.it/2025/08/ia-cina-campagna-elettorale-go-laxy/

I commenti

Intelligenza artificiale sotto accusa: demonizzare la tecnologia non è la soluzione

Ancora una volta l’intelligenza artificiale diventa il capro espiatorio perfetto per problemi che esistono da ben prima della sua nascita. L’inchiesta del New York Times e il clamore mediatico che ne è seguito sembrano voler far credere che la manipolazione dell’opinione pubblica sia una novità introdotta dai modelli linguistici generativi. La realtà è che la propaganda esiste da secoli e che ogni nuova tecnologia, dalla stampa ai social network, è stata accusata di essere “l’arma definitiva” della disinformazione.

Il problema non è l’AI, ma l’uso che se ne fa

Attribuire la colpa alla tecnologia è comodo, ma fuorviante. Non sono gli algoritmi a decidere di manipolare le persone: sono esseri umani, con agende politiche e interessi economici. La stessa AI che oggi viene dipinta come “strumento di persuasione occulta” è anche quella che traduce testi per i medici umanitari, aiuta ricercatori a scoprire nuove cure, e mette in contatto persone di culture diverse.

L’ipocrisia della paura selettiva

Fa sorridere – amaramente – che si gridi allo scandalo per presunte operazioni cinesi, quando da anni aziende e governi occidentali utilizzano sistemi di profilazione e marketing comportamentale con un’efficacia impressionante. Quando la persuasione algoritmica serve a vendere prodotti o spingere narrative “amiche”, si parla di innovazione. Quando invece il mittente è geopoliticamente scomodo, diventa “minaccia globale”.

Demonizzare non protegge, educare sì

La soluzione non è fermare o limitare l’intelligenza artificiale, ma formare cittadini consapevoli, capaci di riconoscere contenuti manipolatori qualunque sia la loro origine. Bloccare la ricerca o demonizzare la tecnologia significa consegnarla in mano esclusivamente a chi ha meno scrupoli nell’usarla.

Un appello alla lucidità

Il dibattito sull’AI ha bisogno di meno titoli sensazionalistici e più onestà intellettuale. L’intelligenza artificiale non è “buona” o “cattiva” di per sé. È uno specchio delle intenzioni di chi la programma e la utilizza.
Se continueremo a trattarla come il nemico, rischiamo di perdere l’occasione di farne un alleato potente contro la stessa disinformazione di cui oggi ci preoccupiamo.

Enzo - 10/08/2025 15:03

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