Il fascio folgorato
Il Vicesindaco Barsanti - ...

“Bisogna uscire dalla propria comfort zone”, è iniziato con questa frase
di Jannik Sinner citata da Antonio Padellaro l’ultimo incontro del
festival L’Augusta - la Fortezza delle Idee, che ha messo a confronto
l’editorialista del Fatto Quotidiano con il direttore del Secolo
d’Italia, Antonio Rapisarda, moderati dal giornalista Fabrizio Vincenti.
“Anche Berlinguer e Almirante uscirono dalla loro zona di conforto,
incontrandosi e rinunciando agli interessi di parte per farsi carico
dell’interesse nazionale. Almirante si presenterà ai funerali di
Berlinguer, Gian Carlo Pajetta e Nilde Iotti a quello di Almirante:
perché la parola ‘rispetto’ faceva parte di quella Italia. Oggi quel
rispetto non c’è più”.
Le ragioni sono emerse nella dialettica tra Padellaro e Rapisarda:
“Siamo davanti alla sottomissione del discorso pubblico ai social. Per
uscirne bisogna avere senso del proprio ruolo: quando la Presidente del
Consiglio viene insultata come ‘cortigiana’ — ha precisato Padellaro —
vuol dire che siamo a un livello bassissimo. Bisogna tornare
all’argomentazione contro l’insulto, per far capire le cose a chi
ascolta o a chi vota. Non a caso si legge meno e si vota meno: c’è una
fascia che non vota perché si è stancata di questo modo di fare
politica. Se le parti in campo non cambiano, a rischio e proprio la
democrazia”.
“L’opposizione al governo è banale — ha continuato Padellaro — ormai
manca il sentimento che legava il popolo e la sinistra, a differenza per
esempio di Trump e il popolo Maga”. “La sinistra ha negato se stessa
rinunciando alla storia nazionale e a quella occidentale — ha fatto eco
Rapisarda — e per questo gli rimane l’antifascismo. Ma dalla tragedia
siamo passati alla farsa”.
Ma esiste o no il ‘pericolo fascista’ in Italia? Padellaro non ha dubbi:
“No. La maggioranza degli italiani considera il fascismo una ferita
della storia, ma rimane lì in quel periodo storico, che va ricordato,
anche onorato da chi ha creduto in quei valori, ma non eternato”.
A "L'Augusta", il festival di CasaPound che riceve da due anni 15mila euro di finanziamenti comunali, diretto da Jacopo di Bugno (esponente di CP ed ex socio in affari del Sindaco Pardini in un'azienda vinicola in Argentina), approda - annunciato in pompa magna - Antonio Padellaro, ex firma de "Il Fatto" ed ex direttore de "L'unità" nei primi anni 2000.
A tal proposito ripubblichiamo un pezzo di "Contropiano":
"Da Mentana a Formigli, tutti in fila nella sede dei fascisti del terzo millennio in nome del “confronto democratico” con il leaderino di CasaPound, Simone Di Stefano,(...). Siamo ben oltre lo sdoganamento, siamo dentro la cooptazione ideologica e materiale di quello che i fascisti hanno rappresentato e rappresentano per la storia passata, recente e presente di questo paese(...).
Finalmente c’è stato qualcuno che ha detto no a questa fiera di dannosa ipocrisia. Si tratta di Gianluigi Paragone, conduttore del programma “La Gabbia”, che pure si è portato dietro le stigmate di aver messo in piedi una fossa dei leoni dove discorsi seri venivano declinati o impastati con la demagogia più spinta e frequenti pizzichi di “gomblottismo”. Paragone dice no a Casa Pound e lo fa con una dichiarazione pubblicata su "il Fatto":
“Ero stato invitato da Casapound per presentare il mio libro, o almeno così avevo capito. Invece scopro che farei parte di una passerella di giornalisti e opinionisti che di volta in volta si confrontano con Simone Di Stefano, vicepresidente del movimento.
Ci sono già stati Enrico Mentana, Corrado Formigli e Nicola Porro. Poi dovrei esserci io e dopo di me David Parenzo.
Ecco, io mi sfilo. Non mi interessa dover dimostrare di essere democratico perché vado a parlare con Casapound, ci vada chi pensa di doversi far rilasciare dei patentini anche da Casapound perché bisogna piacere a tutti. Io non voglio piacere a tutti. Soprattutto non voglio piacere ai colleghi.
Non ho voglia di partecipare a un dibattito dove ciò che resta è: avete visto come siamo democratici? Lo può dire chi invita tanto quanto lo può dire chi accetta l’invito”.
("Contropiano", Ottobre 2017)
"manca il sentimento che legava il popolo e la sinistra, a differenza per esempio di Trump e il popolo Maga". Trump e il popolo Maga, famosi per il rispetto del prossimo: perché non insultano mai, non deridono mai, non ridicolizzano l'avversario, usano sempre toni pacati e ragionevoli...ma per piacere. Spiace per chi si beve questa marea di manipolazioni.
E chi ha creduto nei valori del fascismo e vuole onorarli, sarebbe bene che stesse alla larga da cariche istituzionali. Comunque nessuno stupore per il fatto che alla Casa del boia chi molla si continui a minimizzare il problema suonandosela e cantandosela come fosse una marcetta del ventennio: la "maggioranza degli italiani" - che evidentemente non conoscete né frequentate, ma a cui vi piace un sacco mettere in bocca questa parole fuori dal mondo - saprà rispondervi colpo su colpo.
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