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  • 28/10/2025 20:33

Suicidi a Lucca e in Toscana: il silenzio che pesa

A Lucca il fenomeno del suicidio resta una ferita nascosta. Le cifre non raccontano tutto, ma dietro ogni numero c’è una storia di solitudine, di fatica, di dolore che non trova ascolto. Il problema attraversa classi sociali e generazioni: dal giovane che perde fiducia nel futuro all’anziano che si sente inutile. È un tema che continua a vivere ai margini del dibattito pubblico, ma che interroga la coscienza collettiva. In Toscana, il quadro complessivo mostra una lieve diminuzione rispetto ai decenni passati, ma il problema resta strutturale. I dati più recenti parlano chiaro: nel 2022 si sono registrati 242 suicidi nella regione. Gli uomini rappresentano circa l’80% dei casi, con un rischio quattro o cinque volte superiore a quello delle donne. A livello di età, la fascia più colpita è quella oltre i 70 anni, dove il tasso supera i 20 casi ogni 100.000 abitanti, seguita dagli adulti tra i 45 e i 64 anni. Le donne, invece, compiono più spesso tentativi non fatali, legati a situazioni di disagio emotivo o familiare. Durante la pandemia il fenomeno aveva mostrato un leggero incremento, spinto dall’isolamento e dal crollo dei punti di riferimento sociali. Negli ultimi due anni si è tornati su livelli più stabili, ma la Regione resta sopra la media nazionale. Le zone rurali e montane, come parte della provincia di Lucca, evidenziano tassi più elevati per via dell’isolamento sociale e della difficoltà di accesso ai servizi di salute mentale. Oggi la prevenzione non può limitarsi ai protocolli sanitari. La vera barriera si costruisce nel quotidiano, dentro le relazioni. Chi vive accanto a persone in cura o che attraversano un periodo di tristezza può fare molto più di quanto pensi. Non servono diagnosi o ricette psicologiche: serve presenza. Un messaggio, una telefonata, una passeggiata insieme, un invito a pranzo. Piccoli gesti che ricordano a chi soffre che la vita non si è chiusa del tutto. È importante imparare a riconoscere i segnali: un improvviso isolamento, frasi che esprimono disperazione, la perdita di interesse per ciò che prima contava. In quei casi non bisogna sottovalutare o cambiare discorso. Parlare apertamente, senza giudizio, può salvare una vita. La paura di “toccare un tema delicato” è infondata: spesso il dialogo sincero è la prima forma di aiuto. Lucca, come molte città toscane, dispone di centri di salute mentale e sportelli di ascolto, ma l’anello mancante resta la rete sociale. È lì che si gioca la partita decisiva: nella capacità di una comunità di accorgersi quando qualcuno sta scivolando nel buio. La Toscana, nel frattempo, continua a investire in programmi di prevenzione e numeri di emergenza dedicati, ma la battaglia è culturale. Parlare di suicidio non significa normalizzarlo, bensì riconoscere che la fragilità è parte della condizione umana. Finché la disperazione sarà considerata un tabù, resterà un nemico invisibile. Alla fine, la lezione è semplice e dura: contro il suicidio non bastano le statistiche. Servono persone che ascoltano, comunità che si fanno prossime, e una società che non abbandona chi si sente perso. Perché la vera prevenzione, in fondo, si chiama presenza. Tutto Salute Toscana Autonomia Giornalstica

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