• 1 commenti
  • 14/03/2023 22:15

Dove sta andando la psichiatria?

Dove sta andando la psichiatria? di Alberto Sbardella in realtà avrei voluto intitolare questo mio contributo . . . dove sta andando la sanità (in Italia)? Ma poi sembrava di alzare troppo il tiro e allora sono tornato nei ranghi e scriverò di quella che è la mia specialità. Si leggeranno comunque, ritengo, delle ovvie confluenze e mesti destini comuni tra sanità e psichiatria. Inutile (ma necessario) ribadire che nel PNRR di risorse (leggi denari) ce ne sono davveropochi, anzi meno di prima e per la psichiatria forse anche meno. Tra le specialità mediche, la psichiatria è di certo quella che contiene e mantiene dentro la sua storia. diverse atipicità se non proprio vogliamo chiamarle anomalie: sempre in bilico tra scienza e filosofia, tra modelli e metodi rigorosi, fascinazioni letterarie, farmaci o/e terapia della parola. Nel mentre ci si ammala sempre e sempre di più. Col passare del tempo aumentanoi disagi ma anche le malattie, le sindromi, i quadri gravi psicopatologici e le conseguenze sui singoli individui e sulla collettività. Da più di 40 anni viviamo, con luci ed ombre, sotto il cielo o con alle spalle o difronte, agli effetti della legge 180 e alle sue successive letture e applicazioni nei progetti obiettivo. E allora? Come vanno le cose per i sanitari (psichiatri, psicologi, infermieri, assistenti sociali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e altri vari operatori, per i pazienti (non amo eufemisticamente li termine algido di utente!) e per i loro care givers (specialmente i familiari con i contatti più stretti). Non sembrano andare molto bene, anche se con le solite differenze a macchia di leopardo tra le varie parti della penisola. I servizi stanno diminuendo di numero e in quelli che resistono i pazienti aumentano e gli operatori diminuiscono. Il divario aumenta sempre di più. Oltre al numero esiguo di operatori e di servizi, va detto che questo da solo non basta del tutto a spiegare il grave ritardo e le anomalie nella gestione della salute mentale. Si parla di numeri, ma anche di modelli, di organizzazione,di teoria della mente su cui poggiano i ns servizi psichiatrici, sia quelli territoriali (i CSM) che quelli ospedalieri (i SPDC), che sulla carta dovevano essere un unicum, collegati a rete per sostenere le persone sofferenti a livello psicologico e ancor più psichiatrico. Mesi fa si dibatteva sulla legge 180 grazie al bel libro di Ivan Cavicchi, con molti contributi, alcuni molto interessanti e anche coraggiosi, altri più anonimi e coperti dietro un dire non dire. Poi, sembra essere tornati nell'oblio. Ma se la cronaca ci riporta fatti gravi e violenti, ecco che ritorna la (libera) associazione tra follia e violenza ma anche tra follia e carcere. Ma mi chiedo, e chiedo:" noi psichiatri cosa pensiamo e come agiamo nel nostro quotidiano?" E la famosa pubblica opinione, che idea ha del "matto"? E la politica ha voglia e coraggio di fare quello chedeve essere fatto per migliorare un declino che ormai sembra inarrestabile? La politica sembra ferma in merito. La "gente" vorrebbe stare più tranquilla. E noi? Cosa facciamo noi psichiatri? Quelli più in là con gli anni contano i giorni che mancano alla pensione e se possono l'anticipano anche. I più giovani rincorrono ericercano i luoghi più "comodi" dove lavorare (infatti in carcere gli psichiatri non vogliono venire). Sperano nei turni dal lunedì al venerdì (meglio se solo la mattina!), niente notti e festivi (se possibile) e via così. Sì, lo so, mica sono tutti così...certo..ma cerchiamo di essere onesti e non ipocriti e guardiamoci negli occhi. E allora? Che vogliamo fare? Reagire? Far sentire la nostra voce...provare ad invertire la rotta. Essere partecipi e attori e non mere comparse in attesa di svanire nell'oblio. Come? Intanto vogliamo decidere se siamo disponibili ad uscire allo scoperto? O aspetteremo inermi assistendo all'inevitabile declino della assistenza psichiatrica pubblica? E non facciamoci illusioni; anche il privato convenzionato e non, non potrà mai avere quella funzione sociale e di vera rete che hanno i servizi pubblici. Non ho ricette pronte e anche se fosse non mi interessa buttarle qui adesso sul piatto di questo contesto. Il miointerventovuole essere solo un sassolino gettato in unospecchio d'acqua, nella speranza che le onde concentriche generate tocchino cuore e cervello di qualche altro lettore collega come me. Alberto Sbardella Medico Psichiatra Direttore UOC SMPPF - Rebibbia - DSM ASL Roma 2

I commenti

L’allarme dei medici: ansia o depressione per un minore su 4
di B.Gob.



Secondo la Sinpf servono unità di cura specifiche per la fascia 14-24 anni
6 marzo 2023
Pubblicità

3' di lettura

Un minore su quattro con sintomi depressivi e uno su cinque con disturbi d’ansia secondo la fotografia scattata dalla Sinpf (Società di Neuropsicofarmacologia) nel 2022. I ricoveri per anoressia e bulimia triplicati tra 2020 e 2022 messi in luce dalla Sinpia, Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, che segnala come negli ultimi dieci anni ansia e depressione siano aumentate tra bambini e ragazzi con evoluzione nel 30-40% dei casi da disturbo d’ansia e dell’umore in disturbo post traumatico. Nel 2021 l’uso di psicofarmaci non prescritti è tornato a crescere e secondo lo studio Espad del Cnr ha superato il 6% fra i ragazzi tra 15 e 19 anni.

Se la salute mentale peggiora in tutti gli italiani, per quella di giovani e giovanissimi - gli adulti di domani - è allarme rosso. Soprattutto a fronte, anche in questo caso, di risposte inadeguate o a macchia di leopardo nel sistema sanitario. «L’Italia è un modello nel mondo per la scelta antesignana di una neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza capace di un approccio a 360 gradi. Però ha poche risorse con i suoi 394 posti letto a fronte di un fabbisogno nazionale di almeno 700 e con la carenza sul territorio di una rete multidisciplinare e multiprofessionale “rodata” che consenta di fare prevenzione efficace, assistenza intensiva e individualizzata e controlli». A parlare è Elisa Maria Fazzi, presidente Sinpia e componente della Fiarped (Federazione italiana delle associazioni e società scientifiche dell’area pediatrica). E se «qualcosa si è mosso», spiega, con i posti di specializzazione post laurea in Medicina triplicati negli ultimi anni, l’effetto devastante del Covid imporrebbe risposte immediate che oggi mancano.

Pubblicità

«Nove milioni di bambini e adolescenti durante la pandemia hanno sperimentato cambiamenti sostanziali negli ambienti di vita, nella routine quotidiana e nelle reti educative e sociali che normalmente favoriscono la promozione della salute e la resilienza agli eventi traumatic», spiegano Claudio Mencacci e Matteo Balestrieri, co-presidenti Sinpf. «C’è una generazione in sofferenza - continuano - seduta su un fiume carsico, a cui va riservata attenzione nell’ambito di una programmazione nazionale coordinata e scientificamente validata». Anche la Sinpf – che propone un’Agenzia nazionale per la salute mentale - guarda a team dedicati. «Servono nuove unità di cura per la fascia 14-24 anni, che tengano insieme più figure come il neuropsichiatra, lo psichiatra, i servizi delle dipendenze e i pediatri di famiglia», proseguono Mencacci e Balestrieri. Più in generale, la richiesta è di arruolare in prima battuta quei fattori di prevenzione e protezione, quando «funzionano», che sono la scuola, la famiglia e le relazioni tra pari.

Sembra confermarlo, probabilmente per la maggiore presenza dei genitori a casa nei mesi iniziali del Covid, l’ultima indagine Health behaviour in school-aged children su un campione di 11, 13 e 15enni, coordinata dall’Istituto superiore di sanità (Iss): «La pandemia ha impattato sui ragazzi in senso positivo per quanto riguarda le relazioni familiari, anche se il dato di benessere decresce con l’età», spiega Paola Nardone dell’Iss, a capo del progetto. Nel complesso gli indicatori di benessere percepito sono peggiorati tra il 2018 e il 2022, in particolare tra le ragazze. E la salute mentale è uno degli elementi da tenere sotto osservazione: «Si tratta di dati preliminari - spiega Rosanna Irene Comoretto, del dipartimento di Scienze della sanità pubblica e pediatriche dell’Università di Torino - ma solo poco più del 50% delle 11enni riferisce un buon livello di benessere psicologico, una percentuale che scende drasticamente con l’età: a 15 anni è del 32%, una su tre».

The Trust Project

Carla - 15/03/2023 10:44

Gli altri post della sezione

Geal SpA comunica

Geal SpA comunica che a ...