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  • 21/10/2023 18:20

Fascismo e democrazia

Quando, nel secondo dopoguerra, il socialista Vittorio Foa incontrava a Montecitorio il deputato del Movimento sociale italiano Giorgio Pisanò, gli diceva: “Caro Giorgio, quando comandavate voi io stavo in galera, ora che comandiamo noi tu stai in parlamento”.


Questa è la differenza tra il fascismo (il Msi era un partito neofascista) e la democrazia liberale rappresentativa garantita dalla nostra Costituzione, redatta da tutte le forze democratiche, alle quali la dittatura di Mussolini aveva tolto ogni agibilità politica e condannato i suoi esponenti al carcere, al confino o alla morte. Essi, assieme agli ebrei, erano stati espulsi dalla comunità nazionale, che ammetteva solo i fascisti, secondo una visione totalitaria, liberticida e razzista, mentre la nazione nata dalla Resistenza ha restituito la libertà e i diritti fondamentali a tutti gli italiani, compresi quelli che li avevano tolti e calpestati per vent’anni, portando il paese alla rovina materiale e morale.


Tra le vittime più illustri di questa repressione (oltre ai nomi noti di Antonio Gramsci, morto in carcere, Giacomo Matteotti e Giovanni Amendola, i fratelli Carlo e Nello Rosselli, barbaramente assassinati dai sicari del duce assieme a tanti altri cittadini comuni e sconosciuti), c’è Sandro Pertini, limpida e nobile figura di antifascista che mai si è piegato al regime (rifiutò con sdegno la domanda di grazia che sua madre aveva avanzato a Mussolini) ed esponente di primo piano della lotta di liberazione. Tra il 1978 e il 1985 è stato Presidente della Repubblica, uno dei presidenti più amati dal popolo italiano e anche uno che è stato capace di unirlo e legarlo alle istituzioni democratiche.


La giunta di destra che governa il comune di Lucca (in cui sono presenti i fascisti dichiarati di Casa Pound, determinanti per la vittoria del sindaco Pardini) ha respinto la proposta dell’opposizione di intitolare una strada o una piazza al presidente Sandro Pertini. Non solo: nell’aula del Consiglio comunale abbiamo assistito alle urla dell’assessore e capo di Casa Pound e a quelle del capogruppo di Fratelli d’Italia, il partito della Meloni, che ha scandito lo slogan fascista “A noi!”.


Questa vergogna, che ha conquistato la ribalta nazionale finendo addirittura nei titoli di testa di del TG della 7, è la punta dell’iceberg di un problema molto serio, che investe l’attuale governo, la premier e la sua maggioranza. Giorgia Meloni, formatasi nella cultura neofascista del MSI (la fiamma tricolore è ancora presente nel simbolo del suo partito), approdata a Palazzo Chigi, ha dovuto necessariamente ammainare alcune bandiere sovraniste, populiste e demagogiche riconducibili a quella cultura e sventolate in campagna elettorale: le sparate contro l’Europa e l’euro, i blocchi navali e altro. E questo è stato un bene a cui la realtà l’ha costretta, ma sarebbe auspicabile che questa costrizione si traducesse nell’inizio di un processo tale da trasformare un partito neo-fascista in una formazione politica di destra liberale emancipata dalle sue impresentabili origini. Una destra, dunque, democratica, estranea al fascismo, che si alterna al governo con una sinistra altrettanto liberale e democratica. Purtroppo i persistenti legami della premier coi fascisti spagnoli di Vox, con l’ungherese Orban (teorizzatore della “democrazia illiberale”) e con la destra sovranista polacca (fortunatamente sconfitta alle recenti elezioni), non sembrano essere di buon auspicio. E di certo la Giorgia non è incoraggiata a mettersi su questa strada né dal gruppo dirigente del suo partito (che non eccelle per livello culturale e capacità politica), né dalla truppa di capetti e gregari: tutti soggetti, i quali, in larga misura, non perdono occasione per esternare la loro fede fascista, come l’episodio di Lucca, uno dei tanti, seppure, forse, il più clamoroso (si è inneggiato al fascismo non in strada ma in consiglio comunale) sta lì a dimostrare.




Paolo Buchignani


Storico e scrittore, già docente di Storia Contemporanea, Università per Stranieri di Reggio Calabria


Socio ordinario dell’Accademia lucchese di Scienze, Lettere e Arti

I commenti

Ma che fascista Barsanti sono i democristiani del terzo millennio chiamati pure i nuovi camaleonti

Rina - 22/10/2023 13:55

quando scrive " La giunta di destra che governa il comune di Lucca (in cui sono presenti i fascisti dichiarati di Casa Pound, determinanti per la vittoria del sindaco Pardini)" c'è una parola "determinanti" che è fuori luogo e sbagliata. Quelli che lei definisce fascisti hanno sottratto molti voti a Pardini. Tutta l'area antifascista liberale lucchese (ex dc , liberali, ma anche ex pd stanchi della protervia ed inconsistenza di Tambellini e tanti altri) non ha votato perché c'erano loro . Quindi il saldo è negativo: Pardini avrebbe preso più voti senza Barsanti e non avrebbe fatto disertare le urne ai liberali e democratici.

Anonimo - 22/10/2023 10:34

A Lucca è stato fatto un esperimento pericolosissimo che speriamo vivamente non sia laboratorio di un ben più grave esperimento a livello nazionale. Lucca infatti ha una particolarità notevole. A Lucca, ormai da due elezioni comunali consecutive, l'estrema destra ha una percentuale di voti veramente alta. La scorsa volta il candidato Santini fece un accordo sotto banco che però non fu sufficiente per attingere alla vittoria. Questa volta si è deciso di procedere ad un accordo palese. In verità la destra lucchese ha caricato di tutto sul suo camion elettorale, dai comitatisti anti Fondazione CRL, per finire con i fascisti. Fare patti con il diavolo non porta mai bene a chi li fa. L'opposizione, naturalmente, cerca di porre continuamente trabocchetti sul tema del fascismo/antifascismo sul cammino della maggioranza e la maggioranza a volte ci cade in pieno. Nel caso della pertinata ci sono caduti in pieno. Ci sono caduti perché non hanno cultura politica. Pertini è stato un coerentissimo antifascista e questo gli rende onore, in quanto ha avuto il coraggio di pagare personalmente le sue scelte. Come presidente della Repubblica fu un gran populista, ma poco importa. A Pertini, a Lucca, venne celermente intitolato un istituto scolastico medio superiore. Per cui l'intitolazione di una strada non era la più grande urgenza. Una maggioranza un minimo scaltra e colta avrebbe semplicemente approvato all'unanimità la proposta demandando alla commissione apposita la scelta della via da intitolare. Invece i gran polli ci sono caduti in pieno e ora intitoleranno a Pertini non si sa cosa, forse il ponte sul Serchio (che il sottoscritto propose di intitolare a Giovanni Diodati), forse qualcos'altro. L'imperizia dei fascistelli del terzo millennio e dei loro alleati ha fatto la frittata e come disse Bennato: La frittata è fatta paisà! Lui lo cantava a proposito del Berlusca, ma qui siamo messi molto peggio. D'altro canto che ti vuoi aspettare da uno che scrisse "onore al camerata Palmeri"?!?!? Lucca è messa così. Lucca non ha più una vera destra. Ha questi qui e in fondo ha anche quelli di prima...... Carlo Lodovico ci aveva visto giusto!!!

Anonimo - 22/10/2023 03:01

Interessante sintesi. Servirebbe forse un guizzo d’orgoglio di quei (troppi) elettori e amministratori di centro-destra che - pur non accettando di esser definiti fascisti - non riescono a dirsi “antifascisti”: se siedi accanto a loro, se governi assieme a loro, se accetti cose del genere senza un sobbalzo dell’anima, se taci quando dovresti parlare e parli quando dovresti tacere, ebbene dovresti anche accettare un semplice fatto, ovvero che sei un fascista, e dovresti prenderne atto e renderne conto.
Purtroppo, leggendo anche le ultime dichiarazioni di Pardini, mi pare che siamo ancora molto lontani da un risultato del genere.

Tito - 22/10/2023 00:48

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