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Torna il festival L’Augusta con il caso Enzo Tortora. Ospite la figlia Gaia
Dopo la pausa di agosto torna il festival culturale L’Augusta - la
Fortezza delle Idee, patrocinato dal Comune di Lucca. L’appuntamento è
per il 25 settembre alle ore 21 presso la Casa del Boia in via dei
Bacchettoni.
Il nuovo incontro tratterà la vicenda giudiziaria di Enzo Tortora, il
popolare conduttore televisivo vittima di uno dei casi più clamorosi di
malagiustizia in Italia. Ospite dell’evento la figlia Gaia Tortora,
giornalista e autrice del libro “Testa alta, e avanti”.
“Dopo il caso Pantani e quello di Emanuela Orlandi — spiega Iacopo Di
Bugno, presidente del festival — puntiamo i riflettori sul caso Tortora,
un’altra vicenda che ha intrecciato cronaca nera, mondo dello
spettacolo e politica. Un errore giudiziario madornale che portò in
carcere nel 1983 uno dei conduttori televisivi allora più popolari, un
teorema giudiziario fondato sulle dichiarazioni di sicari di camorra,
che cadde solo quattro anni dopo, poco prima della prematura morte di
Tortora”.
“Enzo Tortora ha pagato sulla propria pelle i rischi di un potere che
non rende conto a nessuno — continua Di Bugno — e come disse all’epoca
Enzo Biagi, ‘poteva succedere a chiunque’. I magistrati che hanno
perseguito e infierito su Tortora non solo non hanno subito sanzioni, ma
hanno fatto carriera. Da quello scandalo nacque la spinta per il
referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, che non ha mai
prodotto effetti. Ma la ferita — e il dibattito — rimangono aperti”.
L’accesso all’evento è libero, previa prenotazione del posto a sedere su piattaforma Eventbrite.
Leggo del ritorno del festival L’Augusta e dell’incontro sul caso Tortora. L’iniziativa ha certamente valore, perché ricorda uno dei più gravi errori giudiziari della nostra storia recente, con la testimonianza diretta della figlia.
Detto questo, non posso non notare alcune criticità. La formula scelta sembra più un comunicato celebrativo che un’occasione di vero confronto. Si ripetono giudizi già noti, senza aprire nuove domande o prospettive. Inoltre, il festival pare puntare molto sui grandi “casi mediatici” (Pantani, Orlandi, Tortora), con il rischio di trasformare la cronaca nera in spettacolo invece che in riflessione culturale.
Manca anche un contraddittorio: ascoltare la voce della famiglia è prezioso, ma sarebbe stato altrettanto utile affiancare giuristi, storici, persino magistrati, per discutere davvero il senso e le conseguenze di quella vicenda. Così il tutto rischia di rimanere confinato in un racconto commosso, ma poco critico.
Insomma, bene ricordare Tortora e ciò che ha significato per la giustizia italiana. Ma se il festival vuole davvero essere “la fortezza delle idee”, servirebbe uno sforzo in più: non limitarsi a ripetere verità acquisite, ma stimolare un dibattito che aiuti a capire e magari ad agire nel presente.
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