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  • 04/11/2025 13:41

Le aggressioni in Psichiatria : un nodo irrisolto

Negli ultimi anni si moltiplicano gli episodi di violenza nei reparti di Psichiatria e la Toscana ed anche Lucca purtroppo segnalano spesso questi "incidenti ". Il problema è sempre lo stesso: la mancanza di strutture adeguate per accogliere persone affette da disturbi mentali che abbiano commesso reati o che presentino comportamenti aggressivi. Dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, questi pazienti dovrebbero essere ospitati nelle Rems, le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Ma i posti disponibili in Italia sono pochi o semplicemente, non ci sono. Così, come accade troppo spesso, la gestione di questi casi finisce sulle spalle del personale dei reparti psichiatrici ospedalieri, che non dispone né delle strutture né delle misure di sicurezza necessarie per affrontare situazioni così delicate. È un sistema che si regge sull’improvvisazione e sulla buona volontà degli operatori, con conseguenze sempre più gravi. Non ci sono addetti alla sicurezza adeguati , spesso in numero insufficiente e non protetti pure loro dal punto di vista legale, possono fare poco. Le forze dell'ordine se chiamate sono impegnante sul territorio ed arrivano spesso a fatto avvenuto con conseguenti infortuni piu' o meno gravi degli operatori in servizio. Poi esiste il problema di stranieri gravemente psicotici che non possono essere rimpatriati , anche se le famiglie sono d'accordo, per burocrazia lenta ed infinita italiana. Questi poveri ragazzi spesso ,non hanno casa lavoro e non possono essere dimessi nonostante il TSO sia finito ( dura 7 gg di norma ) e sostano mesi in psichiatria in attesa di una destinazione decorosa o rimpatrio. E quindi si aggiungono spese ulteriori per ricoveri molto lunghi che pagheranno poi i cittadini, con le tasse. Una condizione paradossale: reparti ospedalieri civili che diventano, di fatto, luoghi di custodia per pazienti che richiederebbero misure di sicurezza e personale specializzato. Nel frattempo, i medici e gli infermieri continuano a lavorare in condizioni di rischio, mentre le istituzioni regionali devono correre ai ripari con convenzioni temporanee e soluzioni di emergenza. A dieci anni dalla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, il sistema resta incompiuto. Le Rems, nate per rappresentare una svolta umana e terapeutica, oggi non bastano. E mentre si discute di riforme e protocolli, chi opera sul campo – tra ospedali e carceri – continua a fronteggiare una realtà che, per molti versi, è ancora quella di sempre. di redazione Autonoma Toscana articoli divulgativi

I commenti

Reparti psichiatrici: non-contenzione e “porte aperte” non fanno aumentare le aggressioni al personale

Studio dell'Ateneo nell’ambito del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale


Il gruppo di ricerca
Superare la contenzione fisica nei luoghi di cura della salute mentale è possibile. Questo approccio, comprese le “porte aperte”, non aumenta l’aggressività nel lungo termine verso il personale sanitario. È la conclusione cui è giunta una ricerca coordinata dall’Unità di psichiatria del Dipartimento di Medicina dell’Università di Udine. Lo studio ha riguardato l’attività svolta dal 2007 al 2022 dal Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (Spdc) dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (Asufc). Quello udinese è uno dei pochi reparti psichiatrici degli ospedali italiani, 19 su 318, il 6 per cento, a non utilizzare la contenzione e ad adottare la politica delle “porte aperte” tutto il giorno. Lo studio ha analizzato gli incidenti sul lavoro, in particolare le aggressioni fisiche, del personale del reparto dell’Asufc prima e dopo l’adozione, nel 2015, di questo tipo di gestione. La ricerca è stata pubblicata dalla rivista scientifica internazionale Nursing Reports (https://www.mdpi.com/2039-4403/14/4/276#app1-nursrep-14-00276).

I dati

Nei sedici anni presi in esame (2007-2022) si sono verificati 113 incidenti sul lavoro, di cui 92, l’81,4 per cento, dovuto ad aggressioni fisiche. Incidenti meno frequenti sono stati dovuti a trauma accidentale e rischio biologico. La media è stata di circa 7 incidenti l’anno. Un picco momentaneo di incidenti si è verificato durante la transizione dal vecchio al nuovo sistema di non-contenzione e porte aperte, con 16 incidenti nel 2014 e 13 nel 2015. Subito dopo, il dato è rapidamente diminuito attestandosi a 4 incidenti del 2022. Particolarmente esposti gli operatori socio-sanitari e gli infermieri psichiatrici (figura istituita con l’ospedale psichiatrico, il manicomio, e progressivamente dimessa), il 62.9 per cento dei quali è stato colpito, con un caso su due (49.6 per cento) verificatosi durante i turni mattutini, senza una particolare distinzione di genere. Dove necessaria, la durata media della prognosi era di 13 giorni. Complessivamente sono stati 101 i professionisti, tra medici, infermieri e operatori socio-sanitari, che hanno lavorato nel reparto nel periodo di studio.

I reparti e i pazienti

In Italia, i reparti psichiatrici si trovano all’interno di strutture ospedaliere, sono dotati di spazi comuni e non hanno più di 16 posti letto. In termini di caratteristiche dei pazienti, il trattamento sanitario obbligatorio (Tso), l’abuso di sostanze e la storia di violenza nel corso della vita sono associati a comportamenti aggressivi nei confronti degli operatori sanitari in contesti di salute mentale. Nel reparto dell’ospedale di Udine negli anni c’è stato un aumento del numero di medici, con conseguente aumento del rapporto “medico per letto”. Inoltre, la composizione è cambiata nel tempo, con il pensionamento degli infermieri psichiatrici dal 2016. La transizione a una politica di non-contenzione ha quindi richiesto un complesso riadattamento del servizio che ha comportato anche nuove pratiche operative.

«L’indagine mostra che l’adozione di una politica di non-contenzione – sottolinea il coordinatore della ricerca, Marco Colizzi, responsabile dell’Unità di psichiatria del Dipartimento di Medicina dell’Ateneo udinese e direttore della Clinica psichiatrica dell’Asufc – non è associata, a medio-lungo termine, a un aumento dell’aggressività verso il personale. Appare però necessario un maggiore supporto durante la fase di transizione, per ridurre al minimo i rischi, così come una maggiore formazione sulle pratiche di non-contenzione».

In generale, spiega il professor Colizzi, docente di psichiatria, «i servizi di salute mentale che percepiscono un rischio elevato di violenza sembrerebbero essere più propensi a implementare misure coercitive come isolamento, contenzione e farmaci obbligatori. Questi ultimi sono percepiti come traumatici dai pazienti. Tali procedure sono associate a risposte aggressive invece che a coinvolgimento e compliance al trattamento, portando a un circolo vizioso. In Italia, i pro e i contro di una politica di non-contenzione, soprattutto in termini di rischio di aggressione e violenza, sono stati scarsamente studiati. Ora, – conclude Colizzi – i risultati dello studio suggeriscono che è possibile adottare una politica di non-contenzione, offrendo un maggiore supporto organizzativo ed un’adeguata formazione ai Servizi psichiatrici di diagnosi e cura durante la transizione alla nuova politica, così da ridurre al minimo il rischio di aggressioni nei confronti degli operatori sanitari».

Il gruppo di ricerca

Lo studio ha coinvolto, fra gli altri, il direttore del Dipartimento dipendenze e salute mentale dell’Asufc, Marco Bertoli; Calogero Anzallo e Tatiana Tam del Servizio psichiatrico di diagnosi s cura dell’Asufc; la coordinatrice del corso di laurea magistrale interateneo in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università di Udine, Alvisa Palese; Carla Comacchio e Marco Garzitto della Clinica psichiatrica dell’Asufc; Giovanni Napoli del Servizio professionale assistenza infermieristica e ostetrica dell’Asufc e il professor Matteo Balestrieri, già direttore della Clinica psichiatrica.

enrico - 05/11/2025 14:19

Le leggi ci sono, ma vanno applicate
Il Decreto-legge 1 ottobre 2024, n. 137, convertito in legge, ha introdotto misure urgenti per contrastare la violenza ai danni dei professionisti sanitari e per la tutela dei beni destinati all’assistenza.
La norma prevede l’arresto obbligatorio in flagranza o in flagranza differita per le lesioni personali contro il personale sanitario e per il danneggiamento di beni sanitari. Tuttavia, i fatti mostrano quanto l’applicazione delle leggi resti disomogenea e insufficiente.

Il Decreto-legge 1 ottobre 2024 - 04/11/2025 22:36

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