La storia di un uomo che non vuole essere chiamato eroe ma che lo fu: Angelo Licheri.
La storia di un uomo che non vuole essere chiamato eroe ma che lo fu: Angelo Licheri.
«Il bambino era a 64 metri di profondità. Gli ho tolto il fango dagli occhi e dalla bocca e ho cominciato a parlargli, dolcemente. So che capiva tutto. Non riusciva a rispondere ma l’ho sentito rantolare e per me era quella la sua risposta. Quando smettevo di parlare rantolava più forte, come per dirmi: continua che ti sto ascoltando.
Parlavo e lavoravo per liberare la mano per poter infilare l’imbracatura: 'Quando usciamo di qui ti compro una bicicletta, gli promettevo, i miei bambini ce l’hanno, giocherete insieme'.
Quando era pronto ho intimato: 'tiratemi su!'
Loro hanno dato uno strattone e il moschettone si è sganciato, allora ho provato a prenderlo sotto le ascelle ma anche allora davano degli strattoni impossibili. Alla fine ho provato a tirarlo dai polsi. Ho sentito track, lui neanche si è lamentato. Gli spezzato il polso sinistro. Mi sono quasi sentito in colpa: 'ha già tanto sofferto e ora sono arrivato io per rompergli anche il polso'.
Dopo vari tentativi andati a vuoto, l’ultimo che ho fatto è stato prenderlo per la canottierina, ma appena hanno cominciato a tirare ho sentito che cedeva… E allora gli ho mandato un bacino e sono venuto via. “Ciao piccolino”».
Il corpo di Alfredino fu recuperato da tre squadre di minatori, 28 giorni dopo la sua morte.
Angelo Licheri era originario di Gavoi, in provincia di Nuoro (Sardegna), e quando avvenne la tragedia aveva 37 anni, era padre di tre bimbi piccoli e faceva il fattorino per una tipografia di Roma, rimase 45 minuti in quel pozzo ma riuscendo solo a sfiorare il miracolo. Morì il 18 ottobre 2021